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1ª giornata_30 agosto 2014

La prima giornata ha dimostrato quanto il campionato sia equilibrato, che non significato modesto, come troppo frettolosamente viene etichettato negli ultimi anni. Un’altra premessa è che questo è il periodo ideale per studiare le potenzialità delle squadre perché non c’è la contaminazione psicologico delle preoccupazioni o pressioni di classifica, quelle arriveranno più avanti e condizioneranno la stagione di alcuni. Per questa prima volta, ma lo schema non è rigido, abbiamo pensato di individuare tre squadre per ogni voce: sorprese, conferme e delusioni.

Sorprese. Pescara: la prima vera sorpresa della prima giornata è il Pescara per l’autorità con cui ha sottomesso il Trapani, cioè una squadra che sa il fatto suo, senza soluzione di continuità. Difficile vedere una supremazia così netta tra due squadre di pari categoria. Ps: ho letto un titolo su un sito: buon pari della Virtus Lanciano, delude il Pescara che non va oltre lo 0-0. Capita, quando non si vede la partita… In Italia conta solo il risultato.
Virtus Lanciano: al di là del risultato pirotecnico, del gol annullato, del palo eccetera eccetera, conta l’anima di questa squadra che prosegue sulla linea dei giovani e non potrebbe farlo se non avesse un avesse una filosofia realmente radicata. Ricordo chi ha segnato: Gatto, Pinato e Cerri, 22, 19 e 18 anni, gli ultimi due all’esordio.
Ternana: espugnare il campo del Crotone delle meraviglie non era facile. Ok, la squadra è cambiata, ma se il fenomeno era Drago… In realtà c’è il rischio che l’allenatore sia un pochino sopravvalutato

Conferme. Bari: consistenza assoluta, io l’ho seguita in ritiro a Castel di Sangro e non tempo smentite se affermo tra le più attrezzate categoria: organico assortito, ambiente euforico, tecnico scrupoloso, alla fine il fattore ambientale può fare la differenza. Vincere in casa della neopromossa Virtus Entella, dove ci sono due vecchie nostre conoscenza come Pelizzoli e Sansovini, e peraltro in maniera così convincente non era affatto facile.
Avellino: non si scherza, stesso impianto, un anno di esperienza in più e carattere indomito. Aveva un uomo in più, d’accordo, però quante volte capita che la situazione si rovesci, invece fino all’ultimo minuto, fino a riuscirci per forza.
Perugia: sì, perché con la tradizione e il mercato importante che ha fatto non si può mettere alla stregua delle altre neopromosse (a proposito, quest’anno le vedo molto meno predisposte a stupire rispetto a quelle della passata stagione). Camplone è una certezza

Delusioni. Catania: detto che per le retrocesse è sempre molto difficile calarsi nella nuova realtà (e il Pescara lo sa bene), forse l’incognita è l’allenatore. Maurizio Pellegrino si è guadagnato la riconferma sull’onda di un finale orgoglioso, ma frutto dell’emotività e del senso di appartenenza. Ripartire per vincere presuppone ben altra esperienza e capacità.
Bologna: ha strappato Buchel al Pescara e con Casarini ha ricomposto il centro campo del Lanciano dello scorso anno, tra l’altro con un Matusalem in più che non è l’ultimo arrivato. Forse i due sono stati sopravvalutati, oppure il 4-3-3 con è nelle corde di quell’organico, forse un po’ troppo compassato.
Crotone: anche se ha cambiato tanto, anche se non ha giocato male, una sconfitta del genere è un brutto passo falso che può incidere sulla crescita. Me lo aspettavo più combattivo, invece si è fatto espugnare il campo con troppa facilità.

Ultime osservazioni: gol non pochissimi, ma ridotta la differenza, pochi gol di scarto, cioè solo 1 per partita, con due paradossi: l’unico 0-0 è dove ci sono state più occasioni (a Pescara), 2 gol di scarto solo a favore di quelle che hanno vinto in trasferta. Almeno per una volta è tornato il romanticismo del fattore campo.

Buona la prima

Il campionato del Pescara inizia con un pareggio casalingo contro il Trapani del bravo Roberto Boscaglia
Un inizio positivo soprattutto per il gioco espresso e uno spirito di squadra che fa ben sperare per il futuro. Dopo la gara, vittoriosa, contro il Chievo Verona in Coppa Italia, i biancazzurri di Marco Baroni si ripetono contro il Trapani di Mancosu sfoderando una buona gara sia da un punto di vista tecnico tattica sia da un punto di vista atletico. Il risultato di 0-0 non fotografa esattamente l’andamento della gara perché il Pescara ha “fatto” la partita creando diverse occasioni da gol. Non ha trovato la via del gol, ma ha imboccato la via del gioco. Baroni sembra dunque avviato su una buona strada. Sta trasformando il gruppo che la società gli ha messo a disposizione in una squadra che cerca il gol attraverso al via del bel gioco. Un obiettivo quest’ultimo, mai scontato, sempre agognato da tutti.

Trame di gioco interessanti e buona condizione atletica
I due aspetti più positivi messi in mostra dall’undici biancazzurro sono la condizione atletica e le buone trame di gioco. Pur essendo solo alla prima giornata di campionato la squadra gode di una buona condizione fisica e mentale, testimonianza di un buon lavoro svolto nella lunga fase di preparazione precampionato. Soprattutto la squadra cerca la via del gol sempre e soltanto attraverso il gioco palla a terra. Ovvero non costruisce gioco con lanci lunghi a scavalcare il centrocampo o con azione isolate e improvvisate, ma sempre attraverso trame di gioco ordinate e che si ripetono spesso uguali a se stesse. Quest’ultimo aspetto indice di applicazione e studio costante in allenamento. Dunque un buon voto per questo inizio di campionato per l’allenatore e tutta la squadra.

Anche la società ha operato bene sul mercato a cominciare dall’ingaggio di Peppino Pavone
Fare pronostici nel calcio è sempre azzardato, soprattutto per campionati così equilibrati come quello di serie B al quale assisteremo. In ogni caso oggi è presto per esprimere un giudizio e fare un pronostico su ciò che potrà fare il Pescara, certo si può esprimere un giudizio su ciò che ha fatto la società fino a questo momento.
Il mercato del Pescara edizione 2014/2015 inizia con l’ingaggio di Peppino Pavone, gran conoscitore di calcio e artefice, in comproprietà, della nascita di tante zemanlandie. L’approdo di Pavone a Pescara ha avuto l’effetto immediato di riaccendere la speranza, tra i tifosi, gli addetti ai lavori e la stessa società, dopo due campionati molto negativi per il Pescara. Con Pavone e il confermatissimo Giorgio Repetto, la società ha iniziato una difficile campagna acquisti che, a posteriori, possiamo definire, senza ombre di smentite, ottima. Ottima sia in entrata sia in uscita. Per questa ragione al buon voto che abbiamo attribuito alla squadra e a Marco Baroni per ciò che hanno fatto vedere sul campo in queste prime partite, non possiamo non assegnare un 8 pieno a Daniele Sebastiani, Danilo Iannascoli e a tutti i dirigenti della Pescara calcio, per l’ottima campagna acquisti.
Adesso non resta che vincere la partita più difficile, quella del campo.

Pescara-Trapani_30 agosto 2014

All’esordio in campionato il Pescara disputa una buona partita e si merita anche l’applauso del suo allenatore.

#lorenzofacciungol

Occorre un altro piccolo sforzo per aiutare Lorenzo Costantini, il giovanissimo calciatore del Lanciano, a raggiungere la University of Pennsylvania e sottoporsi alle cure necessarie per combattere la leucemia che lo ha colpito.

Chi volesse aiutare concretamente la famiglia di Lorenzo può farlo effettuando una donazione tramite bonifico, Iban IT34F0103077751000000319078 Monte dei Paschi di Siena, intestato a “Lorenzo facci un Goal”

Chi, dopo Prandelli?

Spifferi provenienti dallo spogliatoio azzurro in Brasile rischiano di far diventare ancor più dolorosa la negativa trasferta mondiale della squadra di Prandelli. Perché se è vero e palese il fallimento tecnico dell’allenatore di Orzinuovi non erano noti i malumori dello spogliatoio. La sensazione è che l’allenatore non fosse più il punto di riferimento del gruppo, anzi che il gruppo, forse, non c’è mai stato. Certamente non era un gruppo coeso e per affermare questo non c’è bisogno di dare credito o meno alle indiscrezioni, basta riascoltare le dichiarazioni post partita di Buffon, De Rossi e dello stesso Prandelli.
Uno spogliatoio che non ha saputo tenere insieme le nuove forze con quelle già presenti, soprattutto che non ha compreso le indecisioni del tecnico. Indecisioni che hanno riguardato le convocazioni, l’assetto tattico della squadra e la scelta degli uomini da schierare.
Cesare Prandelli ha dunque delle responsabilità che vanno molto oltre il fallimento tecnico della spedizione, riguardano l’incapacità di tenere insieme una squadra. Bene dunque ha fatto a rassegnare le sue dimissioni subito dopo la fine dell’avventura mondiale. Questa decisione permetterà ai dirigenti di poter operare una scelta immediata e senza essere condizionati da contratti in corso.
A leggere le cronache di questi giorni sono diversi i candidati per la panchina azzurra, anche se nessuno di questi ha rilasciato dichiarazioni in questo senso. In prima fila ci sarebbero Massimiliano Allegri e Roberto Mancini, più staccato Francesco Guidolin. Tra i papabili ci sarebbe anche Luciano Spalletti, ma il contratto esoso in essere con la sua ex squadra impedisce qualunque trattativa in merito. Infine qualche possibilità potrebbe averla anche Alberto Zaccheroni che ha guidato il Giappone prima alle qualificazioni e poi al campionato mondiale in Brasile.
Il totonomi non dovrebbe durare molto anche perché all’inizio di settembre la nazionale sarà di nuovo in campo per preparare un nuovo ciclo che ha come obiettivi i prossimi campionati Europei e i mondiali del 2018.
I nomi degli allenatori in corsa per la panchina azzurra sono tutti professionisti validi, io ho una leggera preferenza per Roberto Mancini, e dunque se la scelta dovesse ricadere su uno dei nomi segnalati, il futuro della nazionale italiana potrebbe essere, molto presto, un futuro di nuove vittorie.
In molti sostengono che la crisi della nazionale di calcio non sia solo figlia del fallimento tecnico di Prandelli, ma che riguardai l’intero movimento calcistico italiano. C’è una parte di verità in questo, ma credo che la rosa a disposizione di Prandelli, allenata e soprattutto gestita in altro modo, potesse valere almeno i quarti di finale del mondiale.
L’auspicio è che il nuovo allenatore, o commissario tecnico, si dimostri capace di resettare tutto e ripartire con un nuovo gruppo. Non è soltanto una questione anagrafica, anche, è soprattutto una questione di educazione e rispetto delle regole che una squadra di calcio deve avere. Prandelli aveva iniziato bene in questo senso istituendo un codice etico accettato da tutti i calciatori. Abbiamo visto però che in due occasioni quel codice non è stato rispettato e, forse, l’inizio della fine è iniziato proprio in quel momento.
Sirigu, De Sciglio, Darmian, Verratti, Marchisio, Candreva, Cerci, Immobile, Insigne. E poi ancora Florenzi, Destro, Berardi, Scuffett. Non mancano i calciatori di qualità, manca un allenatore che sappia osare. Un allenatore capace di mettere in campo una squadra che cerchi sempre la via del gol attraverso il bel gioco. Ce la possiamo fare, dobbiamo solo crederci.

Piccolo allenatore, piccola Italia

L’Italia di Cesare Prandelli è stata eliminata al primo turno dei mondiali brasiliani, così come successe alla squadra di Marcello Lippi nel 2010. Il tecnico di Orzinuovi fu chiamato al capezzale azzurro proprio per porre rimedio alla brutta figura rimediata in Sudafrica. Quell’Italia fu eliminata senza mai vincere una partita. Pareggiò per 1-1 contro il Paraguay e la Nuova Zelanda e perse 3-2 contro la Slovacchia. La nuova Italia di Prandelli ha vinto la partita d’esordio contro l’Inghilterra, eliminata anch’essa con gli azzurri, e ha perso contro Costa Rica e Uruguay.
Una brutta, bruttissima Italia, assemblata male e messa in campo peggio, abbandona giustamente il mondiale brasiliano. Un mondiale che fino ad oggi ha regalato agli appassionati di calcio tante belle partite, soprattutto squadre in grado d’imporre il proprio gioco e di segnare anche tanti gol.
Prandelli, nelle tre partite disputate, ha schierato tre formazioni diverse con altrettanti moduli di gioco, dimostrando sul campo di non aver maturato nessuna certezza né in merito ai calciatori da convocare, tantomeno al sistema di gioco con cui competere.
Costretto, vox populi e dai media, a convocare calciatori come Verratti, Insigne, il capocannoniere del campionato Ciro Immobile e Alessio Cerci, che non erano nei suoi propositi, non è riuscito a dare un’idea di gioco e un’anima alla sua squadra. Ha puntato tutto su Mario Balotelli e su un gruppo di senatori, capitanati da Buffon e De Rossi, che, un minuto dopo il triplice fischio finale della partita contro l’Uruguay che ha sancito l’eliminazione degli azzurri, non hanno saputo far altro che addossare le responsabilità della sconfitta ai giovani della rosa. I due, che si son fatti coraggio dopo le dichiarazioni di Prandelli che andavano nella stessa direzione, «mi aspettavo di più dai cambi», ignorano che i migliori per l’Italia, pur nella pessima prestazione collettiva, sono stati proprio i giovani Darmian e Verratti. Il primo dopo un esordio molto positivo sulla corsia di destra è stato spostato a sinistra nella partita successiva, mentre Verratti, tra i migliori in campo anche all’esordio, è stato spedito in panchina per essere riproposto nell’ultima partita contro l’Uruguay. Insigne e Cerci hanno potuto giocare solo uno spezzone di partita, mentre Immobile, colpevolmente lasciato fuori nelle prime due partite per far posto a Balotelli, è stato impiegato solo nell’ultima gara in una squadra incapace di costruire gioco. De Sciglio, infortunato, ha giocato solo nell’ultima gara contro Cavani & company.
Dunque, andando per esclusione, i due senatori della squadra, quando hanno parlato dei giovani, intendevano dire Mario Balotelli. E dunque, se è così, perché non hanno detto che si riferivano proprio al giocatore del Milan?
Da quando seguo il calcio è la prima volta che mi capita di ascoltare dichiarazioni di questo tipo, calciatori che parlano male di calciatori della stessa squadra e dopo una sconfitta che, al contrario, chiama in causa tutta la delegazione a cominciare dall’allenatore.
Una squadra dunque allestita male e gestita peggio. Due attaccanti di ruolo su sei possibili convocazioni e tanti esterni convocati e mai utilizzati. Tanto valeva convocare Gilardino oppure Destro se l’unico schema di gioco era il lancio, «illuminate» o «come la lampada di Aladino» così continuavano a dire incompetenti commentatori televisivi, di Andrea Pirlo.
Nella conferenza stampa post partita Cesare Prandelli annuncia le proprie, irrevocabili, dimissioni e dunque per l’Italia comincia una nuova era.
Prandelli lascia dunque l’Italia così come l’aveva ereditata, con una débâcle che non ammette giustificazioni. L’Italia del calcio ha perso ancora una volta. Prandelli non è, ovviamente, l’unico responsabile, con lui ha perso tutto il sistema calcio del nostro Paese che andrà rifondato dalle fondamenta. Ma Prandelli, così come quattro anni fa Lippi, ha fatto di tutto per essere ricordato come il peggiore della spedizione italiana in Brasile.

La sconfitta di Prandelli

La sconfitta dell’Italia contro Costa Rica è figlia delle scelte sbagliate di Cesare Prandelli. Scelte che riguardano il modulo di gioco e degli uomini che ha mandato in campo, alcuni dei quali anche fuori ruolo. Surclassato tatticamente da Jorge Luis Pinto, allenatore della Costa Rica che nella sua terra chiamano il professore, Prandelli ha dimostrato con i fatti di non essere affidabile, ovvero che non bisogna dare credito alle sue dichiarazioni post gara.
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La piccola Italia

Leggo con stupore, con molto stupore, elogi esagerati all’Italia di Prandelli per la partita contro l’Inghilterra degli ex calciatori Wayne Rooney e Steven Gerrad.
L’Italia ha vinto e vincere nella partita d’esordio dei mondiali è sempre importante. Su questo sono d’accordo, d’accordissimo. Direi che la vittoria, insieme alle belle prestazioni di Darmian e Sirigu, è certamente un aspetto positivo, per il resto c’è invece poco da stare allegri. La solita Piccola Italia senza grandi slanci, soprattutto incapace di produrre gioco finalizzato alla ricerca del gol.
Prandelli sceglie di giocare con un 3-6-1, anche se la maggior parte dei commentatori continua a scrivere di un fantomatico 4-1-4-1, una squadra piena, zeppa, di centrocampisti e di calciatori fuori ruolo. Una scelta che evidenzia l’insicurezza e le paure dell’allenatore che, evidentemente, non è sicuro della forza della sua squadra. Una rosa assemblata con tanti esterni, Cerci, Candreva, Insigne e lo stesso Cassano, e che, paradossalmente, gioca senza esterni.
Se fossi stato alla conferenza stampa post partita avrei rivolto queste domande a Cesare Prandelli. Perché ha convocato quattro esterni e non schiera nessuno in quel ruolo? Perché ha scelto di far giocare fuori ruolo Marchisio, Candreva e Verratti?
È stato evidente a tutti che fino a quando Marchisio è stato costretto a giocare con le spalle alla porta non ha fatto una bella figura. Alla prima occasione in cui ha avuto la possibilità di puntare l’avversario e cercare la porta, l’Italia è passata in vantaggio.
Stessa, identica, riflessione si può fare sull’utilizzo di Candreva. Il suo impiego in mezzo al campo ne limita notevolmente le potenzialità, in quel ruolo è un calciatore qualunque. Ogni volta invece che è riuscito a liberarsi dalle indicazioni tattiche dell’allenatore e a guadagnare la linea dell’out ha sempre creato pericoli alla difesa inglese. E proprio in una di queste occasioni è nato il secondo gol degli azzurri.
Infine che senso ha far giocare Marco Verratti in una posizione in cui può fare al massimo passaggi in orizzontale di 20 cm? Per svolgere questo compito c’è De Rossi che ha costruito la sua immeritata fortuna su questo modo sparagnino di giocare, al massimo si può utilizzare Thiago Motta. Mortificare il talento cristallino di Verratti facendogli svolgere il “compitino” non ha senso, tanto vale non farlo giocare e aspettare che Pirlo decida di dedicarsi ad altro.
Male, malissimo, la difesa, eccezion fatta per Sirigu e Darmian, ma in questo caso Prandelli non ha nessuna responsabilità. Il livello tecnico è basso e, probabilmente il tecnico di Orzinuovi ha convocato il meglio che il calcio italiano offre in questo momento. Paletta però, nelle prossime partite, potrebbe risparmiarcelo.
E infine Mario Balotelli. Ha giocato poco e male, ma ha segnato il gol della vittoria. Da qui a valutarlo come il migliore in campo racconta, ancora una volta, della faziosità e incompetenza di molti commentatori. Soprattutto al triplice fischio finale ha sentito, irrefrenabile, la voglia di lasciare il segno a modo suo. Rivolgendosi alla prima telecamera disponibile ha mimato il due a uno e ha fatto cenno di fare silenzio. I media inglesi hanno interpretato questo gesto come un’offesa nei confronti della nazionale in maglia bianca.
Non so se volesse deridere gli inglesi o chi altri, certo è stato un gesto incomprensibile ai più del quale nessuno avvertiva il bisogno. Una persona così non l’avrei nemmeno convocata.
Adesso si volta pagina e si pensa alla prossima partita. Per fortuna al campionato del mondo le partite sono ravvicinate e dunque c’è sempre la possibilità di ribaltare prestazioni e giudizi. In fondo il bello del calcio è proprio questo: non sempre è una scienza esatta.

Brilla la stella di Brugman, sul podio Matteo Politano e Belardi

Classifica finale di rendimento

18 Brugman_6,27

7 Politano_6

25 Belardi_5,98

33 Zuparic_5,96

14 Balzano_5,94

27 Ragusa_5,9

6 Zauri_5,78

21 Schiavi_5,7

19 Maniero_5,68

22 Pelizzoli_5,6

29 Rossi_5,57

20 Nielsen_5,57

15 Bocchetti_5,54

8 Caprari_5,5

11 Cutolo_5,5

5 Capuano_5,39

18 Rizzo_5,36

28 Bovo_5,31

46 Mascara_5,29

32 Sforzini_5,27

23 Cosic_5,22


Serse Cosmi_5,3

Pasquale Marino_5,28

Il Pescara chiude il campionato con la 16ª sconfitta della stagione

I numeri, a volte, spiegano tutto
Il campionato del Pescara termina con 52 punti in 42 partite con una media di 1,23 punti a partita. Ha vinto 13 gare, altrettante ne ha pareggiate e ne ha perse 16. I gol segnati sono stati 50, mentre 53 sono quelli subiti.
Un elenco di numeri che confermano ciò che di brutto abbiamo visto durante tutto il corso della stagione. Una stagione sportiva da dimenticare al più presto, iniziata con ambizioni diverse.
Il fallimento è sotto gli occhi di tutti ed è un fallimento tecnico che chiama in causa in primo luogo i due allenatori che si sono succeduti sulla panchina adriatica, i calciatori della rosa, e infine la società che pur allestendo una squadra che ai più sembrava potesse recitare un ruolo da protagonista è, in ultima analisi, il soggetto che ha operato le scelte.

Due allenatori, due fallimenti diversi
Il bilancio dei due allenatori, anche in questo caso leggendo i numeri, che si sono alternati sulla panchina del Pescara fa pendere la bilancia leggermente in favore di Pasquale Marino. Il tecnico siciliano infatti vanta una media punti a partita di 1,307 avendo disputato 26 partite con 10 vittorie, 7 pareggi e 9 sconfitte. La media del tecnico umbro è invece di 1,125 punti a partita con 3 sole vittorie, 6 pareggi e ben 7 sconfitte.
Se non consideriamo i numeri e ci affidiamo a un giudizio tecnico per quello che abbiamo visto sul campo di gioco, la partita tra Marino e Cosmi è nettamente vinta dal siciliano. Infatti la squadra di Marino pur non brillando mai in senso assoluto ha mostrato in diversi momenti della stagione buone trame di gioco, un giro palla lento ma spesso efficace e soprattutto aveva un’identità. Viceversa con il tecnico umbro, che pure ha disputato 16 partite sulla panchina del Pescara, la squadra non ha mai avuto una identità riconoscibile, ma soprattutto non è mai riuscita ad imporre il proprio gioco.

Adesso si volta pagina
Con il campionato ormai alle spalle, tutto l’ambiente attende nuove notizie. Soprattutto c’è molta curiosità per conoscere il nome del nuovo allenatore. Si parla soprattutto del ritorno di Zdeněk Zeman e del possibile arrivo, come direttore sportivo, di Peppino Pavone che con il tecnico di Praga costruì la prima zemanlandia in terra di Capitanata. In alternativa a Zeman si sonderanno i nomi di Claudio Foscarini, allenatore del Cittadella, Massimo Drago, allenatore del Crotone e di Davide Nicola, allenatore del Livorno. Tutti questi allenatori hanno una caratteristica comune: sono costruttori di squadre che preferiscono avere il pallino del gioco anziché distruggere quello altrui: il prerequisito per diventare l’allenatore del Pescara.

© 2021 Calcio Totale / Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Pescara il 03/09/2014 al n° 11. Registro della Stampa del Tribunale di Pescara n° 11-2014.

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