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Alberto Paloschi segna una tripletta e porta a casa il pallone della gara (3 dicembre 2012)

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1. Alberto Paloschi
Dopo una serie infinita di infortuni il naturale sostituto di Pippo Inzaghi si prende di prepotenza la vetrina della serie A segnando una tripletta nella partita che la sua squadra, il Chievo, vince a Marassi contro i grifoni del Genoa. Lo scorso anno giocando poco e non con continuità segnò nove reti, se sta bene fisicamente questo può essere l’anno della sua definitiva consacrazione.

2. Mattia Destro
Ha avuto la capacità di aspettare il suo momento e con la complicità degli infortuni di Lamela e Osvaldo si prende la maglia di titolare e in due partite presenta il suo conto a Zeman: tre gol che valgono sei pesantissimi punti per la Roma. A Pescara ha giocato da esterno destro mentre a Siena gioca nella posizione che più predilige, quella di punta centrale. Nella sfida di sabato sera contro la Fiorentina per Zeman non sarà facile scegliere chi tra lui, Osvaldo, Lamela e Totti dovrà accomodarsi in panchina.

3. Miroslav Klose
Nella partita di ieri contro il Parma segna il suo nono gol in 14 partite e resta l’unico attaccante della Lazio ad aver segnato in questi campionato. Un gol che riassume gran parte delle sue caratteristiche, forza fisica, senso della posizione, velocità di esecuzione e precisione. Il suo infortunio, si parla di tre settimane di stop, può fermare la corsa della Lazio in campionato.

DOWN
1. Massimo Moratti e Andrea Stramaccioni
Il comportamento del’Inter nel caso Sneijder è un comportamento scorretto e che getta un ombra sulla squadra nerazzurra. Le parole di Moratti (adesso tocca al giocatore risponderci) e quelle di Stramaccioni (non è convocato per scelta tecnica) offendono l’intelligenza di ognuno di noi che segue il calcio. Una brutta pagina quella che sta scrivendo l’erede di Angelo Moratti che, certo, non gioverà al buon nome della famiglia interista.

2. Kamil Glik
L’intervento di Glik su Giaccherini nel derby della Mole è costato un cartellino rosso diretto al calciatore e la partita alla sua squadra. Un fallo cattivo e anche inutile dal momento che l’azione si stava svolgendo lontano dall’area di rigore del Toro. Un intervento che avrebbe potuto creare seri problemi fisici all’avversario. Alla squalifica, che mi auguro lunga, spero la società granata aggiunga anche una salata sanzione economica che sia da esempio per tutti.

3. Gigi Delneri
L’allenatore di Aquileia perde di nuovo in casa e questa volta la sconfitta è pesante perché arriva da una diretta concorrente nella lotta per la salvezza. Il presidente Preziosi conferma la sua fiducia al tecnico friulano e aspetta il mercato di gennaio per costruire una rosa con calciatori più idonei per il suo nuovo allenatore. Se continua a perdere è probabile che a gennaio non sia più lui l’allenatore dei grifoni.

Praeiudicium

L’accoglienza riservata a Cristiano Bergodi da parte dell’ambiente sportivo di Pescara, tifosi e addetti ai lavori, non è stata tiepida o addirittura ostile come lo fu per Giovannino Stroppa. È stata certamente una buona accoglienza.
I tifosi, da sempre la componente più esigente della vasta platea che segue il calcio, sono in verità divisi a metà. C’è chi sostiene che la “pescaresità” acquisita di Bergodi sia un elemento importante, se non determinate, per il buon esito della sua missione. Altri invece pensano che non abbia sufficiente esperienza o che comunque non sia la persona giusta per poter raggiungere l’obiettivo prefissato della salvezza.
Gli addetti ai lavori (quasi tutti) si sono schierati, decantandone le doti fin dal primo incontro, con il nuovo tecnico non risparmiando le ultime punture di veleno per il bassaiolo di Mulazzano.
Siamo dunque in presenza di un evidente pregiudizio da parte di molti, sia nel caso di Bergodi sia nel caso di Giovannino Stroppa.
Nel caso di Stroppa è parso evidente fin dalla conferenza stampa di presentazione che il clima per lui sarebbe stato difficile se non ostile. Il suo «dimenticare Zeman», pronunciato ingenuamente dal tecnico lombardo nel giorno del battesimo pescarese, è diventato un tormentone che non lo ha abbandonato fino al giorno delle sue dimissioni.
Bergodi invece non ha avuto bisogno di presentazioni particolari, lui è di casa a Pescara e conosce personalmente quasi tutti gli addetti ai lavori. Pur essendo anche lui, proprio come il suo predecessore, esordiente in serie A non ha subito il fuoco incrociato delle domande sull’inesperienza, anzi questo argomento non è stato affrontato come se l’esperienza maturata in Romania potesse colmare la mancanza di panchine in serie A. Anche l’esordio negativo, certamente dal punto di vista del risultato maturato in campo, contro la Roma non ha avuto riscontro sulle narrazioni lette nei giorni successivi. Al contrario, leggendo le cronache e i commenti post partita si ha l’impressione che il malato sia sulla strada della guarigione. Poco importa se il Pescara non ha mai tirato in porta e non ha costruito nessuna azione davvero pericolosa per la porta difesa da Goicoechea e che la Roma, come l’Inter, l’Atalanta, la Lazio, La Juventus e perfino il Parma, sembrava stesse facendo poco più che un allenamento infrasettimanale.
Praeiudicium, appunto.
Ognuno vede ciò che vuol vedere, ma soprattutto prevede ciò che vuol prevedere. Si è messo in risalto la parte finale della partita, l’ultima frazione di gioco in cui, ai più, è sembrato che la squadra biancazzurra potesse davvero pareggiare la partita.
Più realisti del re.
E invece con molta sincerità il neo allenatore del Pescara nelle dichiarazioni post partita ha ammesso che c’è molto da lavorare e che la squadra è mancata soprattutto in fase d’impostazione non costruendo nessuna palla gol.
Certo Bergodi non poteva fare molto in quattro giorni. È ripartito dal 5-3-2 di Stroppa spostando in avanti il prezzo pregiato della squadra, Quintero. L’esperimento non ha dato un esito positivo perché il giovane colombiano è stato una delle delusioni di giornata. Con lui Perin che, pur salvando la porta del Pescara in almeno due occasioni su Mattia Destro, ha la responsabilità del gol che ha consentito alla Roma di portare a casa l’intero bottino.
Cristiano Bergodi sa che non ha molto tempo per capire la qualità degli uomini che ha a disposizione e che il mercato di gennaio, purtroppo, non è vicino. Vedremo già dalla prossima partita, a Napoli contro l’ex Insigne, se sarà capace d’invertire la rotta e condurre il Pescara verso porti più sicuri.

La prima volta di Josip Iličič (26 novembre 2012)

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1. Josip Iličič
Il calciatore sloveno del Palermo, ex Maribor, regala a Gasperini una vittoria importantissima nel derby siciliano. Se il nazionale sloveno è in serata tutta la squadra riesce a giocare meglio. Quest’anno le sue prestazioni non erano mai state all’altezza della nomea che si è conquistato in questi due anni di permanenza nel campionato italiano di calcio. Con lui e Fabrizio Miccoli in buone condizioni il Palermo può uscire al più presto dalla zona rossa della classifica.

2. Riccardo Montolivo
Per una circostanza fortuita gioca la sfida contro la Juventus indossando la fascia di capitano e non delude le aspettative. Preciso, ordinato e sempre con i tempi giusti, restituisce al centrocampo del Milan geometrie alle quali non era più abituato. Si fa largo tra i tanti mediani della rosa rossonera e tira fuori, definitivamente, il Milan dalla parte destra della classifica.

3. Ciro Ferrara
Si rialza da una situazione oggettivamente molto complicata e interrompe la striscia negativa di sconfitte consecutive con due vittorie, la prima delle quali nel derby della Lanterna, che portano ossigeno puro alla classifica dei blucerchiati e al morale della squadra. Gioca praticamente senza punte, un po’ per scelta, un po’ per gli infortuni. I sedici punti in classifica garantiscono ad oggi la permanenza in serie A.

DOWN
1. Nicola Rizzoli
Ancora una volta determinante per il risultato della Juventus, anche se questa volta in negativo. Nell’economia della classifica bianconera incide più lui di Giovinco. Non ammonisce quando è il caso e lascia correre molti falli tattici a centrocampo. Nell’episodio del rigore, se fosse stato più tranquillo e non avesse commesso tutti gli errori delle partite precedenti, forse, non avrebbe concesso un rigore inesistente.

2. Silvio Berlusconi
Alle sue gaffe di cattivo gusto da Presidente del Consiglio i più si erano assuefatti, ricordate le corna nelle foto ufficiali o il cucù alla Merkel, a quelle da Presidente del Milan non eravamo abituati. Nel post partita Milan-Juventus rispondendo a un giornalista che gli chiede se gli era piaciuto vincere con un rigore dubbio, risponde come l’ultimo dei tifosi: «È la cosa che dà maggiore soddisfazione».

3. Pescara
Il cambio dell’allenatore non produce gli effetti auspicati. Giunge così la nova sconfitta del campionato, primato negativo che condivide con il Bologna, e il venticinquesimo gol subito, primato negativo che condivide con il Chievo. Con nove realizzati vanta invece, in solitudine, il primato negativo dei gol subiti. Per Cristiano Bergodi un compito difficilissimo, salvare la squadra dalla retrocessione, sulla quale oggi sarebbero in pochi a scommettere.

Questi fantasmi

Lo scorso anno già dalla partita contro la Triestina, era la prima uscita ufficiale e il Pescara fu eliminato dal primo torneo della stagione, la Coppa Italia, ai calci di rigori da una squadra di Lega Pro, si capiva che il Pescara di Zeman avrebbe disputato un grande campionato. In campo si erano visti i primi movimenti del credo zemaniano, non ancora tutti gli attori protagonisti, e s’intuiva che quella squadra poteva “spaccare” il campionato. Non se ne accorse nessuno, forse perché era la vigilia di ferragosto e il caldo, a volte, obnubila il cervello. Poi iniziò il campionato e con il campionato i primi riscontri a supportare l’impressione positiva tratta dalla partita contro la Triestina. Ma il contesto pescarese continua ad ignorare Zeman, non la squadra, ma proprio l’allenatore di Praga. Quando poi il Pescara comincia a segnare con una certa regolarità e a occupare stabilmente le prime posizioni in classifica le critiche diventano, paradossalmente, anche più perfide. Mai dirette, ma sempre indirette. Nascoste, pigiate, le une sulle altre tra le parole. Visibili per sottrazione nei titoli di prima pagina che non ci sono. In un narrare le gesta della squadra, che nel frattempo sta deliziando il palato calcistico di tutta l’Italia, non utilizzando mai aggettivi adeguati all’impresa che si sta materializzando sotto gli occhi di tutti. Ogni singolo passo falso viene salutato come quello definitivo. E nel periodo peggiore dal punto di vista dei risultati, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile il periodo dei lutti per chi avesse già rimosso ogni ricordo e con la squadra che sembrava non avere la forza di reagire, alle cassandre nostrane sembrava aver vinto definitivamente la personale battaglia.
Il campo però, da Padova-Pescara e fino alla fine del campionato, ha dato responsi impossibili da ignorare e, obtorto collo, dinnanzi al trionfo di una squadra che ha riscritto la storia della serie B, tutti sono stati costretti ad utilizzare aggettivi che mai avrebbero pensato di dover rispolverare dai cassetti della loro memoria.
Perché è successo tutto questo? Perché una squadra che vinceva e riempiva lo stadio tutte le settimane non è stata raccontata e accompagnata al successo con l’enfasi che avrebbe meritato? Perché Zeman, cercato e rincorso dai media di tutto il Paese per il nuovo miracolo che stava realizzando in Abruzzo, è stato, nella sua nuova casa, trattato come un intruso?
La chiave per aiutarci a capire ciò che è successo lo scorso anno in riva all’Adriatico e per comprendere alcuni meccanismi della mente umana e ciò che succede quando ci si rifiuta di guardare la realtà delle cose ce la offre uno dei più grandi autori teatrali italiani di tutti i tempi.
Nello stadio dove il Pescara gioca le sue partite interne, si aggira il fantasma di Alfredo e i Pasquale Lojacono pescaresi pensano davvero sia un fantasma. Ci credono a tal punto da non vedere ciò che succede sotto i loro occhi e cioè che Maria, la giovane moglie di Pasquale Lojacono, sia l’amante di Alfredo. Un fantasma che ieri osteggiava e oggi pontifica sul nulla.
«I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi…», ripeteva, inascoltato, Pasquale.
E cosi la malafede di alcuni e il pregiudizio di molti, crearono le condizioni perché non ci fosse la narrazione di un’impresa, ma semplicemente la cronaca di una vittoria. Un’occasione persa, come spesso succede all’Abruzzo anche in altri settori, per scrivere nuove pagine di epica sportiva destinate a restare nella memoria collettiva come “La storia”.
«Mi ha lasciato una somma di denaro […] però dice che ha sciolto la sua condanna […] che non comparirà mai più […] Come? […] Sotto altre sembianze? È probabile. E speriamo…». Sono le parole con le quali Pasquale Lojacono commenta con il professor Santanna l’epilogo della commedia Questi fantasmi, scritta e interpretata da Eduardo De Filippo, drammaturgo, regista, attore e poeta, patrimonio dell’umanità.

Ha contato fino a dieci, poi ha detto basta

Penso che si dovrebbe contare sempre fino a dieci prima di prendere una decisione importante, soprattutto se è una decisione che può condizionare il lavoro di un gruppo, più in generale altri da noi. E penso che Giovannino Stroppa, buon allenatore e bella persona, abbia iniziato a contare contemporaneamente al triplice fischio di Davide Massa, l’arbitro di Pescara-Parma. Avrà detto mentalmente uno quando il presidente Daniele Sebastiani lo ha abbracciato all’ingresso del tunnel che porta agli spogliatoi e lui ha risposto non incrociando lo sguardo. Era molto dispiaciuto il Bassaiolo di Mulazzano per come l’ambiente calcistico pescarese, tifosi e addetti ai lavori, e negli ultimi quindici giorni anche la società, lo aveva trattato fino a quel momento. La settimana che aveva preceduto Pescara-Parma era stata la peggiore da questo punto di vista, forse anche peggiore di quella precedente in cui sono state aperte le porte degli spogliatoi ai tifosi, una settimana da “dentro o fuori”. Da quel triplice fischio sono trascorsi diversi giorni e di tempo per pensare Stroppa ne ha avuto abbastanza. Per questo motivo penso che le sue dimissioni siano il risultato di un pensiero lungo. Si sarebbe potuto dimettere dopo quella vittoria, sarebbe stato più facile e lui ne avrebbe tratto un profitto maggiore a livello d’immagine e di qualità della vita, ma non lo ha fatto. Ha continuato a credere nel suo lavoro e nella serietà del gruppo che aveva a disposizione e, probabilmente, questo è stato l’errore più grave che ha compiuto da quando è arrivato in Abruzzo per allenare la squadra biancazzurra. La rosa del Pescara è, lo scrivo dall’inizio dell’anno calcistico, la più debole del campionato di serie A. Scarsa tecnicamente e, dopo queste ultime partite, non irreprensibile da un punto di vista comportamentale. Questo secondo aspetto è quello che preoccupa di più, soprattutto in proiezione futura. Il direttore sportivo Daniele Delli Carri, ieri nel post partita, ha dichiarato che Stroppa si è dimesso perché non sentiva più la squadra come sua. Subito dopo la pesante sconfitta contro la Juventus allo stadio Adriatico, in conferenza stampa, Stroppa aveva dichiarato che i calciatori non avevano seguito in pieno le sue indicazioni. Il presidente Daniele Sebastiani, preso atto delle dimissioni del suo allenatore, ha dichiarato che da adesso non ci sono più alibi. Viene da pensare dunque, se le parole hanno un senso e un significato, che i calciatori non volessero più come allenatore Giovanni Stroppa. Non eseguivano in partita ciò che chiedeva l’allenatore e, se con le dimissioni del tecnico «non ci sono più alibi» vuol dire che fino a prima delle dimissioni i calciatori hanno dichiarato a qualcuno di avere degli alibi per giustificare il loro scarso rendimento. Rebus sic stantibus, la situazione è gravissima. Sono certo che il dieci Giovannino lo abbia pronunciato verso la metà del secondo tempo della partita di Siena. Il Pescara era in fase di disimpegno e Balzano stava effettuando l’ennesima sovrapposizione sulla fascia sinistra. La palla è tra i piedi di Cascione che per assecondare il movimento del compagno di squadra deve far scorrere il pallone come altre centinaia di volte ha già fatto. Il pallone però non raggiunge Balzano ma finisce in fallo laterale, cinque/sei metri dietro Balzano. Stroppa, che ha seguito tutta la partita in piedi ai bordi del terreno di gioco, prima si accovaccia con la testa china a guardare per terra poi si alza sconsolato e si accomoda in panchina. Un momento di sconforto, il momento in cui, secondo me, è maturata la sua decisione. Stroppa lascia il Pescara dopo tredici giornate di campionato con undici punti in classifica e salvo per via della classifica avulsa. Vedremo se l’allenatore che lo sostituirà saprà fare di meglio e se, quindi, le responsabilità dell’andamento negativo della squadra erano, come hanno fatto intendere i calciatori con i loro comportamenti in campo e fuori, monopolio esclusivo del Bassaiolo di Mulazzano. Io gli auguro di avere tutte le soddisfazioni che merita e che non è riuscito a cogliere a Pescara. In un paese di cialtroni e quaquaraquà come il nostro ha dimostrato, rassegnando le dimissioni, che non siamo tutti uguali e che la persona umana viene prima di qualunque altra questione. Ciao Giovannino e buona fortuna. «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

Stephan El Shaarawy è il top player del Milan (19 novembre 2012)

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1. Stephan El Shaarawy
Due settimane fa gli abbiamo assegnato il posto d’onore, questa settimana merita il posto da numero uno. Si conferma come la novità più bella di questa prima parte del campionato. Con la sua gioventù e voglia di giocare, unite alle grandi qualità tecniche, trascina il Milan a un pareggio insperato nel catino del San Paolo. Con questi due gol, che portano a dieci in quattordici partite il suo bottino personale, si è autorizzati a dire che è lui il top player del Milan.

2. Marco Sau
Un nuovo “tamburino sardo” nel presente della squadra allenata da Pulga e Lopez. Poteva arrivare a Pescara per 1 milione di euro ma non è stato così e oggi delizia gli isolani con i suoi gol e il suo continuo movimento su tutto il fronte d’attacco. La sua crescita è impressionante, venti gol due anni in Lega Pro con il Foggia di Zeman, 21 gol lo scorso anno con la Juve Stabia in serie B. Quest’anno nuovo salto di categoria, serie A con il Cagliari, e quattro gol fino a ieri.

3. Alberto Aquilani
Che fosse un calciatore talentuoso lo hanno sempre sostenuto in tanti così come a tanti era palese la sua fragilità fisica. Una carriere sempre sul punto di decollare ma che viene interrotta sul più bello da un infortunio muscolare. Roma, Liverpool, Juventus, Milan e quest’anno la Fiorentina con la maglia numero dieci che è stata di Giancarlo Antognoni. Se continua così la Fiorentina può davvero sognare in grande.

DOWN
1. Enrico Preziosi
Il presidente del Genoa esonera Gigi De Canio con la squadra al nono posto in classifica e l’affida a Gigi Del Neri che, con la sconfitta nel derby, porta a sei la striscia negativa di sconfitte consecutive. Il rimedio è stato peggio del male (presunto). Oggettivamente si fa fatica a capire perché il Genoa al nono posto in classifica fosse il male.

2. Piero Giacomelli
Il rigore negato all’Inter sul finire della partita dovrebbe pesare come un macigno sulla giovane carriera di Piero Giacomelli. Dopo gli evidenti torti subiti contro la Juventus e l’Atalanta, fa bene il presidente Moratti ad alzare la voce per evocare fantasmi di un recente passato troppo presto dimenticati dai più. Gli arbitri hanno già sbagliato in malafede e mantenere alta l’attenzione non deve innervosire nessuno, anzi deve contribuirà ad aumentare i controlli e rasserenare gli animi.

3. Pescara
La squadra concede troppo al Siena soprattutto per responsabilità di un centrocampo molto sotto tono. Solo nel primo tempo la squadra toscana costruisce sei limpide palle gol. Quintero si vede solo su calcio piazzato. Nielsen si limita a svolgere il compitino e Cascione, a voler pensare bene, è imbarazzante. «Adesso non ci saranno più alibi», ha detto il presidente Sebastiani dopo le dimissioni di Stroppa, quali erano gli alibi fino a ieri?

El portava i scarp del tennis

La sconfitta contro la Juventus ha evidenziato, al di là del risultato tennistico maturato sul campo, una differenza tecnica e tattica enorme tra le due compagini. Non ci sono solo 20 punti di differenza tra le due squadre, che comunque sono tanti, ma una categoria che li separa e divide. Questo è il responso del campo. Sul 2 a 0 a dire la verità, per buoni quindici minuti, non si è visto un brutto Pescara. Ha cercato e trovato il gol dell’1 a 2 e, se fosse stato un po’ più fortunato, avrebbe potuto anche pareggiare, ma così non è stato e con i se e con i ma non si costruisce nulla di buono e duraturo. È dunque siamo di nuovo a commentare una sconfitta, in questo caso una sonora sconfitta, della squadra adriatica che ci pone domande che ci siamo già posti: perché la squadra fa fatica a costruire gioco e subisce tante reti? Di chi è la responsabilità? Dei calciatori? Dell’allenatore? Della società? È ancora è utile un cambio della guida tecnica della squadra?
Il Pescara ha undici punti in classifica come Palermo e Chievo, uno in più della Sampdoria, due del Genoa, tre del Bologna e infine quattro in più del Siena. Ha giocato e vinto in casa contro il Palermo e perso a Verona contro il Chievo. Perso in casa contro la Sampdoria e pareggiato a Bologna. Domenica prossima affronterà in trasferta il Sena e fra tre giornate il Genoa tra le mura amiche. Risultati altalenanti che non chiariscono fino in fondo qual è il reale valore della squadra in relazione alle sue dirette concorrenti nella lotta per la salvezza.
Giovannino Stroppa, il bassaiolo di Mulazzano, continua a cambiare gli uomini che scendono in campo settimanalmente mentre sembra aver scelto come modulo di partenza il 3-5-2 che in fase di non possesso diventa un 5-3-2. Dunque l’allenatore sembra aver scelto il modulo con cui far giocare la squadra ma non ha individuato, almeno fino a oggi, l’undici titolare. E quest’ultimo aspetto è certamente uno dei problemi, non l’unico, ma uno dei problemi. È risaputo che l’applicazione costante e la ripetizione di un esercizio contribuiscono in maniera determinante alla giusta e buona esecuzione dello stesso. Questo concetto vale non solo per lo sport, ma è una buona regola anche per altre attività umane. Nel calcio è fondamentale. Ripetere lo stesso movimento, o una serie di movimenti, difesa che si alza per far scattare il fuorigioco, la sovrapposizione sulla corsia laterale, l’inserimento senza palla, è la garanzia che quel movimento verrà realizzato bene o comunque per come è stato preparato. Ripetere gli stessi esercizi e farlo sempre con gli stessi uomini certo aiuta a portare la prestazione complessiva della squadra sul livello che si vuole ottenere. Questo aspetto supera importanza, anche se non mi sfugge la difficoltà di sostenere questa tesi, perfino l’inadeguatezza tecnica della rosa a disposizione del tecnico. Quindi 3-5-2 o 5-3-2 se preferite, ma si decida chi sono gli interpreti di questo modulo e li si faccia giocare con continuità.
La sconfitta di domenica infine, mi ha fatto tornare in mente una bella e triste canzone di Enzo Jannacci. Parla di un barbone un po’ confuso, un ultimo, che per qualche attimo prova il piacere di salire su una bella macchina e immagina di poter raggiungere l’aeroporto per la prima volta in vita sua. Rincorreva un sogno che non si realizzò. Il sogno dei tifosi del Pescara può ancora realizzarsi, è lì, a portata di mano.
«El portava i scarp del tennis, el parlava de per lú, rincorreva già da tempo, un bel sogno d’amore».

Lionel Messi, vita da numero uno (12 novembre 2012)

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1. Lionel Messi
Contro il Maiorca “la pulce” segna una doppietta e arriva a 72 gol segnati nel 2012, meglio di Pelè. Non ci sono più aggettivi per descrivere un calciatore giovanissimo, Messi è nato il 24 giugno del 1987 ha dunque 25 anni, che se dovesse vincere anche il mondiale con la propria nazionale, l’Argentina, diventerebbe di diritto il calciatore più forte della storia del calcio.

2. Vincenzo Montella
Vince alla scala del calcio contro il Milan e si conferma come quarta forza del campionato. Dopo la buona stagione con il Catania si sta confermando anche a Firenze con uno dei migliori allenatori della nouvelle vague. La sua Fiorentina è la vera sorpresa di questo campionato.

3. Edison Cavani
Ancora una volta è il calciatore che suona la carica per il Napoli. Dopo i quattro gol realizzati in coppa si mette sulle sue spalle la squadra anche a Genova in campionato e da il via a una rimonta importante per il risultato, per la classifica e per il morale. Probabilmente è il più forte attaccante in circolazione.

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1. Daniele De Rossi
Dopo una settimana molto tesa in cui non si è allenato tutti i giorni, Zeman contravvenendo a una sua regola, far giocare solo chi si allena sempre e bene in settimana, lo schiera titolare al posto del greco Tachtsidis. Lui lo ripaga con un espulsione alla fine del primo tempo che lascia la squadra in dieci. Con lui il campo la Roma perde tre partite su quattro.

2. Gigi Del Neri
Quinta sconfitta consecutiva per il Genoa e quarta per Del Neri. L’infortunio di Borriello non può essere una giustificazione per tutto. Allontanare De Canio si sta rivelando per Preziosi un vero boomerang e conferma che cambiare in corsa, nella maggior parte dei casi non serve a migliorare l’andamento della stagione.

3. Alexandre Pato
Sbaglia un rigore e viene sostituito alla fine del primo tempo. Dopo aver giocato qualche partita dopo l’ennesimo infortunio non sembra essere più quel calciatore devastante che era un paio di anni fa. Il Milan non sembra essere più casa sua, sempre più un pesce fuor d’acqua.

Quando gli operai meridionali tifavano per la squadra del padrone

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta la Juventus acquistò dal Varese, per la cifra record di seicentocinquanta milioni e soffiandolo all’Inter, il centravanti siciliano Pietro Anastasi. I tifosi del “Comunale” di Torino gli dedicarono, fin dalle sue prime apparizioni con la maglia a strisce verticali in bianco e nero, uno striscione che recitava: «Pietro Anastasi il Pelè bianco». L’acquisto fu concluso, così si narra, direttamente dall’“Avvocato” negli spogliatoi del Varese con il presidente Borghi. Fu il primo acquisto politico della storia calcistica italiana e “Petruzzu” diventò, forse suo malgrado, riferimento e icona di un intero popolo: il popolo degli emigranti.
Con l’arrivo di Anastasi il numero dei tifosi della Juventus aumentò in maniera considerevole in tutta l’Italia meridionale e in particolare in Sicilia, dove un’intera isola la domenica pomeriggio seguiva, attraverso le voci mitiche di “Tutto il calcio minuto per minuto”, le gesta sportive di quel figlio emigrato al Nord in cerca di fortuna. Fu così dunque che gli operai meridionali, quelli che stavano costruendo le fortune economiche della famiglia Agnelli, cominciarono a tifare in massa per la squadra del padrone. “Petruzzu” vinse tre scudetti con la Juventus ma il regalo più grande che fece alla squadra della famiglia Agnelli fu la conquista, alla causa bianconeri, di tantissimi nuovi tifosi. Tifosi che non hanno mai tradito la loro fede, mi riferisco ai tifosi juventini che vivono nell’Italia meridionale, e che ancora oggi rappresentano lo zoccolo duro del tifo bianconero.
Oggi invece non è più così, i nativi ditigali, i nostri figli, non tifano più allo stesso modo e, certo, non cercano più nel calcio un eventuale riscatto sociale. Oggi i calciatori come Pietro Anastasi, che si presentava agli allenamenti con i capelli lunghi e senza cravatta, non esistono più. I calciatori di oggi, nella loro apparente diversità, sono tutti uguali. Vestono alla stessa maniera e hanno gli stessi tatuaggi. Soprattutto parlano allo stesso modo con un’omologazione del linguaggio che riflette e amplifica il nulla del tempo che stiamo attraversando.
Tutti questi cambiamenti non hanno però scalfito la “fede bianconera”, lo zoccolo duro dei tifosi juventini, che dall’acquisto di “Petruzzu” in poi sono diventati sempre più numerosi e appassionati. E la prossima partita casalinga del Pescara, che affronterà proprio la squadra bianconera, lo testimonia in maniera evidente. Lo stadio “Adriatico”, infatti, farà registrare il tutto esaurito con i biglietti a disposizione venduti in poche ore.
Tantissimi dunque saranno quelli che tiferanno Juventus e che inneggeranno all’allenatore della loro squadra, lo squalificato Antonio Conte, che seguirà la partita dalla tribuna. E tanti, c’è da scommetterci, saranno gli striscioni che i tifosi gli dedicheranno.
Non ci saranno, e anche qui c’è da scommetterci, striscioni in favore di Giovannino Stroppa, il “bassaiolo di Mulazzano” che sta guidando il Pescara in questo difficile campionato di serie A. E potrebbe ro esserci ancora cori contro.
Più di quarant’anni fa gli operai meridionali tifavano e inneggiavano alla squadra del padrone, oggi i tifosi biancazzurri fischiano l’allenatore della propria squadra che, è bene precisarlo, se oggi finisse il campionato avrebbe raggiunto l’obiettivo insperato della salvezza.
«Così è se vi pare», ha scritto il Premio Nobel per la Letteratura Luigi Pirandello, conterraneo di “Petruzzu” Anastasi, per dire che non esiste una visione unica e certa della realtà.

Il principe è sempre Diego Milito (5 novembre 2012)

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1. Diego Milito
Il “principe” si prende ancora i titoli di prima pagina e con due gol aiuta l’Inter di Stramaccioni ad espugnare lo Juventus Stadium e porre fine all’imbattibilitá della squadra bianconera. È tornato il grande attaccante del triplete e con Cassano e Palacio si contendono, con il tridente della Roma, lo scettro del reparto offensivo più forte del campionato.

2. Stephan El Shaarawy
Il “piccolo faraone” conferma tutti i giudizi positivi che in tanti hanno espressi di lui. Si mette sulle sue giovani spalle il Milan di Massimiliano Allegri e lo traghetta fuori dalla palude del fondo della classifica e riaccende la passione del presidente e di molti dei tifosi rossoneri sparsi per tutta la penisola.

3. Giovanni Stroppa
Mette in campo una squadra con una difesa a tre in fase di possesso palla e a cinque in fase di non possesso e il Pescara si esprime su buoni livelli, disputando la migliore partita del campionato. Quintero in cabina di regia, accompagnato da Cascione e Nielsen, disputa una gara che può essere un buon punto di partenza per un nuovo campionato per il Pescara.

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1. Ciro Ferrara
Sei sconfitte consecutive per la Sampdoria e Ciro Ferrara vede la sua panchina sempre più in pericolo. La squadra, pur avendo una buona rosa a disposizione, dopo alcun risultati molto fortunati conquistati nelle prime giornate di campionato svela il suo reale valore e dalla prossima partita ogni sconfitta può essere quella decisiva per l’esonero.

2. Lazio
Subisce quattro reti a Catania ed esce fortemente ridimensionata dalla sfida con i siciliani. Una difesa lenta e un centrocampo troppo macchinoso che è stato messo in grande difficoltà dai piccoletti del Catania, Gomes e Barrientos. Domenica prossima c’è il derby e un’altra sconfitta pesante potrebbe avere delle conseguenze, oggi, impensabili.

3. Genoa
Alla quarta sconfitta consecutiva, la terza per il neo allenatore Gigi Del Neri, il Genoa è una delle delusioni di questo campionato. Paga certamente l’assenza di Borriello per infortunio e non sembra in grado, almeno per il momento, di risalire la china. Preoccupante l’involuzione di molti calciatori, Immobile tra questi.

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