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Praeiudicium

L’accoglienza riservata a Cristiano Bergodi da parte dell’ambiente sportivo di Pescara, tifosi e addetti ai lavori, non è stata tiepida o addirittura ostile come lo fu per Giovannino Stroppa. È stata certamente una buona accoglienza.
I tifosi, da sempre la componente più esigente della vasta platea che segue il calcio, sono in verità divisi a metà. C’è chi sostiene che la “pescaresità” acquisita di Bergodi sia un elemento importante, se non determinate, per il buon esito della sua missione. Altri invece pensano che non abbia sufficiente esperienza o che comunque non sia la persona giusta per poter raggiungere l’obiettivo prefissato della salvezza.
Gli addetti ai lavori (quasi tutti) si sono schierati, decantandone le doti fin dal primo incontro, con il nuovo tecnico non risparmiando le ultime punture di veleno per il bassaiolo di Mulazzano.
Siamo dunque in presenza di un evidente pregiudizio da parte di molti, sia nel caso di Bergodi sia nel caso di Giovannino Stroppa.
Nel caso di Stroppa è parso evidente fin dalla conferenza stampa di presentazione che il clima per lui sarebbe stato difficile se non ostile. Il suo «dimenticare Zeman», pronunciato ingenuamente dal tecnico lombardo nel giorno del battesimo pescarese, è diventato un tormentone che non lo ha abbandonato fino al giorno delle sue dimissioni.
Bergodi invece non ha avuto bisogno di presentazioni particolari, lui è di casa a Pescara e conosce personalmente quasi tutti gli addetti ai lavori. Pur essendo anche lui, proprio come il suo predecessore, esordiente in serie A non ha subito il fuoco incrociato delle domande sull’inesperienza, anzi questo argomento non è stato affrontato come se l’esperienza maturata in Romania potesse colmare la mancanza di panchine in serie A. Anche l’esordio negativo, certamente dal punto di vista del risultato maturato in campo, contro la Roma non ha avuto riscontro sulle narrazioni lette nei giorni successivi. Al contrario, leggendo le cronache e i commenti post partita si ha l’impressione che il malato sia sulla strada della guarigione. Poco importa se il Pescara non ha mai tirato in porta e non ha costruito nessuna azione davvero pericolosa per la porta difesa da Goicoechea e che la Roma, come l’Inter, l’Atalanta, la Lazio, La Juventus e perfino il Parma, sembrava stesse facendo poco più che un allenamento infrasettimanale.
Praeiudicium, appunto.
Ognuno vede ciò che vuol vedere, ma soprattutto prevede ciò che vuol prevedere. Si è messo in risalto la parte finale della partita, l’ultima frazione di gioco in cui, ai più, è sembrato che la squadra biancazzurra potesse davvero pareggiare la partita.
Più realisti del re.
E invece con molta sincerità il neo allenatore del Pescara nelle dichiarazioni post partita ha ammesso che c’è molto da lavorare e che la squadra è mancata soprattutto in fase d’impostazione non costruendo nessuna palla gol.
Certo Bergodi non poteva fare molto in quattro giorni. È ripartito dal 5-3-2 di Stroppa spostando in avanti il prezzo pregiato della squadra, Quintero. L’esperimento non ha dato un esito positivo perché il giovane colombiano è stato una delle delusioni di giornata. Con lui Perin che, pur salvando la porta del Pescara in almeno due occasioni su Mattia Destro, ha la responsabilità del gol che ha consentito alla Roma di portare a casa l’intero bottino.
Cristiano Bergodi sa che non ha molto tempo per capire la qualità degli uomini che ha a disposizione e che il mercato di gennaio, purtroppo, non è vicino. Vedremo già dalla prossima partita, a Napoli contro l’ex Insigne, se sarà capace d’invertire la rotta e condurre il Pescara verso porti più sicuri.

Vladimir Pektovic, il poliglotta (10 ottobre 2012)

UP
1. Vladimir Pektovic
Arrivato tra lo scetticismo generale l’allenatore della Lazio, che parla otto lingue, sta demolendo molti luoghi comuni e ha portato la Lazio a ridosso di Juventus e Napoli in testa alla classifica. La sua Lazio non gioca benissimo, è lenta ed ha una difesa che non sembra irresistibile. Quando è se risolverà anche questi problemi sarà un’avversaria difficile per chiunque.

2. Antonio Cassano
Cesare Prandelli gli preferisce altri calciatori in nazionale e lui si prende la ribalta in campionato candidandosi ad essere uno dei protagonisti principali con un avvio di stagione esaltante. Con 5 reti tallona Klose e Cavani in testa alla classifica dei marcatori, ma soprattutto è diventato, in pochi mesi, un riferimento per la sua nuova squadra. La squadra per la quale faceva il tifo da bambino.

3. Atalanta
Festeggia 105 di vita con una bella vittoria sul Siena, mettendo in mostra, come spesso le succede, tanti giovani interessanti. Con 54 campionati in serie A è la squadra che vanta il maggior numero di campionati tra le squadre di seconda fascia. Un grande settore giovanile, il centro sportivo Bortolotti di Zingonia è un vero e proprio modello di efficienza e organizzazione, le permette sempre di essere all’avanguardia nel sempre più arretrato calcio italiano.

DOWN
1. Walter Mazzarri
Perde malamente la sfida che valeva la testa della classifica contro la Juventus di Antonio Conte. Mette in campo una squadra che non punge e che per lunghi tratti della partita gioca con undici calciatori dietro la linea della palla. Con i due esterni bassi della Juventus ammoniti lascia in panchina Lorenzo Insigne, uno di quei calciatori in grado di saltare sistematicamente l’avversario.

2. Adriano Galliani
La squadra che ha messo a disposizione di Massimiliano Allegri si sta dimostrando molto debole e i nuovi acquisti non sembrano all’altezza dei calciatori che hanno sostituito. Emblematico a questo proposito lo scambio Cassano-Pazzini. Il capitano della squadra nell’ultima partita di campionato era Bonera e questo la dice lunga sulla qualità del Milan di quest’anno.

3. I finti tifosi del Verona
«Non sono tifosi. Lo sport non c’entra nulla. Non sono più nemmeno gli ultrà vecchio stile, che facevano della squadra l’elemento fondante della loro identità. Ormai negli stadi italiani si dà appuntamento una pletora di bande con strutture compatte e regole di ferro per inquadrare una moltitudine di ragazzi che credono di non avere nulla da perdere. Sono in tanti e sono disposti a qualunque nefandezza per conquistare l’approvazione del branco». Da Raffaele Cantone, “Football Clan”, Rizzoli

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