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Rivera Rivera Rivera Rivera

Dopo una lunghissima gestazione è in libreria Rivera Rivera Rivera Rivera, un libro che celebra la grandezza del primo Pallone d’oro italiano. Un omaggio che Em Bycicleta, il presidio di fabulazione sportiva, dedica all’ex bambino d’oro.

Un’antologia di 26 racconti su Gianni Rivera. È così che Em Bycicleta – Presidio di fabulazione sportiva decide di salutare i propri lettori per trasformarsi in Rivista Melina, che manterrà in ogni caso lo stesso spirito che per anni ha animato il gruppo.
Ma perché proprio un libro sul dieci milanista? La risposta l’ha data tempo Alf Ramsey, mitico allenatore dell’Inghilterra mondiale, che alla domanda su chi fossero i quattro giocatori italiani più forti rispose, lapidario: «Rivera, Rivera, Rivera, Rivera».

RIVERA RIVERA RIVERA RIVERA

Gianni Brera, Gianni Bertoli, Biagio Goldstein Bolocan, Alberto Brambilla, Oscar Buonamano, Mimma Caligaris, Silvano Calzini, Gino Cervi, Pinuccio Corsi, Stefano Corsi, Emiliano Fabbri, Stefano Fregonese, Claudio Gavioli, Tino Gipponi, Antonio Gurrado, Andrea Maietti, Carlo Martinelli, Dario Mazzocchi, Valerio Migliorini, Marco Ostoni, Frank Parigi, Darwin Pastorin, Gianni Rossi, Luigi Sampietro, Claudio San­filippo, Francesco Savio.

GIANNI BRERA:
«Unendo il proprio destino al Milan fu sempre coerente, non fortunato. Nessuno osa privarsene o mancargli di rispetto. È equilibrato, forse anche saggio. La fama gli si dissolve sul capo come una nube non più molto grata. Non se ne affligge e per questo lo stimo. Forse l’angoscia lo prende sentendosi vecchio per un atleta che invero è stato più artista che atleta: però è composto, schivo, e mai lo dà a vedere. L’ho incontrato l’altra sera presso un amico comune, Ross Galimi. Abbiamo bevuto e conversato a lungo, molto serenamente. Fra i due, a capir meglio l’altro è stato lui. Orrida vecchiezza, ridammi il mio abatino».

EM BYCICLETA
Em Bycicleta. Presidio di fabulazione sportiva è nata in un’osteria di Lodi, nel dicembre del 2003. È un nome collettivo che raccoglie ‘sognatori e balenghi’ uniti in un’idea di sport diversa da quella proposta dallo show-business. Sport come metafora di vita, fonte di ‘favole’, nutrimento dei brevi sogni dei poveri che siamo stati, ora che il rischio è di diventare miserabili di mente e di cuore.

LA CASA EDITRICE
La vendita dei libri avviene attraverso il sito internet ufficiale incontropiede.it, i negozi online e le librerie che lo richiedono.
In catalogo “Campo per destinazione – 70 storie dell’altro calcio” di Carlo Martinelli (prefazione di Stefano Bizzotto), “Il Romanzo di Julio Libonatti” di Alberto Facchinetti (con una nota di Gian Paolo Ormezzano), “Il calciatore stanco” di Gino Franchetti, “Arrigo. La storia, l’idea, il consenso, la fiamma” di Jvan Sica, “Gol mondiali” di “Sport in Punta di penna”, “Memorie dell’Europa calcistica – L’Erasmus del pallone” di Federico Mastrolilli, “Scusa se lo chiamo Futebol” di Enzo Palladini, “Ho scoperto del Piero” di Alberto Facchinetti (con la prefazione di Alessandro Del Piero), “MayPac” di Andrea Bacci, “Il Cameriere di Wembley” di Lorenzo Fabiano (con prefazione di Roberto Beccantini).

Rivera Rivera Rivera Rivera, Em Bycicleta (EDIZIONI inCONTROPIEDE, 2016. 142 pagine. 14,50 euro)

Il più bel gioco del mondo, Gianni Brera

Il più bel gioco del mondo di Gianni Brera, il libro che abbiamo presentato nell’undicesima puntata di Calcio Totale, riconcilia con il calcio e con la letteratura.
Scritti scelti della grande penna del giornalismo italiano, non solo sportivo, dal 1949 al 1982. Quattrocentosessantanove pagine che si leggono tutte d’un fiato, pennellate d’autore che rendono giustizia di uno sport, il calcio, spesso maltrattato, inconsapevolmente, anche da chi lo racconta.
Dai primi articoli fino alla narrazione del mondiale di calcio di Spagna 1982, scritto per la Repubblica, che restituiscono, ancora oggi, un clima e sensazioni mai più provate per partite di calcio. E poi le parole spese per festeggiare il trentesimo compleanno di Gianni Rivera e su altri gradni e inimitabili campioni del calcio mondiale.
Un libro che il vero appassionato di calcio non può non avere nella sua, personale, libreria.

Il più bel gioco del mondo, Gianni Brera (Bur Rizzoli, 2007. 469 pagine. 12.20 euro)

Non gioco più, me ne vado, Gianni Mura

Non gioco più, me ne vado è un viaggio lungo cinquant’anni in cui incontrerete atleti che hanno fatto la storia di tanti sport. Personaggi che hanno popolato e continuano a popolare i nostri sogni e che ci avvicinano, ogni qualvolta ce ne allontaniamo, a quella dimensione ludica e fanciullesca che sola può riscattare il tempo malato e corrotto che stiamo vivendo. Personaggi e accadimenti che raccontano di gioie e dolori, di vittorie e sconfitte, di vita e di morte. Narrazioni di parte, di un giornalista che è un grande scrittore: Gianni Mura.

Una raccolta di scritti, dal 1965 a oggi e pubblicati su la Repubblica e la Gazzetta, curati da Andrea Gentile e Aurelio Pino, raggruppati in nove capitoli assemblati per affinità elettive più che per temi. Esempi di eccelsa bravura che arricchiscono le narrazioni sportive di funzioni maieutiche come, forse, solo Gianni Brera aveva saputo fare. Belle narrazioni senza tempo che si leggono per il piacere della lettura, per riconnettere fili della memoria che altrimenti rischierebbero di essere travolti e recisi definitivamente da una quotidianità, spesso, misera.
Un giornalismo che trasforma la cronaca sportiva in materiale utile alla letteratura e che riesce a far coesistere il ritmo incessante dell’avvenimento, hic et nunc, con una narrazione capace di liberarsi dai contesti da cui prende le mosse e perciò senza finalità immanenti.
Gregari, campioni, coppe e bidoni è il sottotitolo scelto per questa raccolta che contiene tanti e diversi uomini. Calcio e ciclismo sono i protagonisti assoluti delle narrazioni, ma un ruolo determinate nella composizione del progetto lo rivestono le lettere, pubbliche, che Gianni Mura indirizza ad alcuni dei protagonisti più importanti di questi cinquant’anni di storia dello sport.
«Quando sei morto, ho scoperto che avevi vinto 34 corse in tutto. Mercks ne vinceva di più in una stagione. Ma era il modo, non il numero. Per questo Villeneuve è stato più amato di Schumacher. Per questo al tuo funerale c’era Charly Gaul, malato […] Non morirai del tutto perché il ciclismo è lo sport più ricco di memoria e, per riflesso, di morti. Lo so già che da qualche parte, sulle strade del Tour, ci saranno sul gruppo due ombre taglienti, larghe, simmetriche. Le ali di Pantadattilo, ma qualche stupido dirà che sono nuvole». Una lettera struggente che tocca le corde giuste di chi ha amato e continuerà ad amare per sempre “Il pirata”. È il modo con cui Gianni Mura saluta Marco Pantani nel 2004.
Facendo un piccolo salto indietro, fermiamo le lancette del tempo al 1985 e cambiamo sport. Sono gli anni d’oro del Napoli di Corrado Ferlaino, ma soprattutto sono gli anni del “Pibe de oro”.
«Lui doveva fermare La Juve e lui l’ha fermata. La fantasia popolare non tiene conto del collettivo […] Un uomo solo al comando della nave dei sogni: la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Diego Armando Maradona, il suo sinistro non perdona. Dicono che abbia scavalcato San Gennaro, che non ha il vantaggio di esibirsi tutte le domeniche. Pallonetto è un quartiere di Napoli, non solo la specialità di Maradona. Quasi tutti i suoi gol sono allegri e beffardi come la sua faccia, che è fin troppo ovvio definire da scugnizzo […] Maradona è quello che sembra e sembra quello che è. Maradona parla per tutti…».
La penna di Mura fissa sulla carta i tratti essenziali di un uomo e nello stesso tempo di un popolo che si stavano manifestando sotto i suoi occhi. A distanza di trent’anni quelle parole mantengono intatto e inalterato il loro significato, sulla loro bellezza, invece, abbiamo già scritto.
Restando nel mondo del calcio, l’articolo che dedica a Gigi Riva nel 2004, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, è insieme una lunga dichiarazione d’amore per l’atleta e nello stesso tempo una vicinanza a un modo di essere e di vivere. Narrazioni di parte, appunto.
«Riva non ha mai amato i giornalisti. Poteva rispettarli (è il caso di Brera) o sopportarli (era il caso mio). Ma la sua specialità era dribblarli […] A volte mollava tutti al tavolo del ristorante Corallo e usciva a correre in macchina sulla costa, a tutta velocità, da solo […] Quando lo rividi, fuori dall’Amsicora, aveva una Dino e sotto il tergicristallo c’erano poesie, bigliettini di ragazze, molto espliciti per i tempi, richieste d’incontro […] Era un calcio impastato di ironia, di rabbia, di umanità: Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti come nella canzone di Conte. Non tornerà più perché il castello è cresciuto e le fondamenta sono sempre bugie. Ma se uno mi chiedesse di stringere Riva (Giggirrivva) in due parole, dovrei ricorrere allo spagnolo: hombre vertical».
In forme e modi diversi è presente nel libro, Gianni Brera, il più grande giornalista sportivo italiano.
Le pagine che Mura dedica a “Gioann” si possono ascrivere direttamente al patrimonio letterario italiano.
«Dicono che la nebbia sia il vestito migliore, nella Lombardia di pianura, e questi giorni sono giorni di nebbia a San Zenone, dove Gianni Brera nacque ed è sepolto, di nebbia anche tra Maleo e Casalpusterlengo, sulla strada dove morì».
È questo l’incipit dell’articolo scritto nel 2002 in occasione del decennale della morte dell’inventore di parole che è stato Gioannin Brera. Ricordo che si scioglie in un lungo, infinito, abbraccio con le parole che chiudono il ricordo. Nostalgia di te, Gioann il titolo dell’articolo.
«Averti letto e poi conosciuto è stata una fortuna e una ricchezza, averti perso un dolore. I ricordi pubblici sono faticosi, quasi imbarazzanti, preferisco ricordarti rileggendoti o bevendoti un bicchiere di barolo (scusami, ma ultimamente mi piace più del barbaresco) o tossendo con la prima sigaretta del mattino. Per il resto, vale la promessa di Malta: continuerò a portarti in giro, ma selezionando i luoghi. L’erba di San Siro ti farebbe madonnare, il prossimo Tour promette bene».
Scrisse Manuel Vázquez Montalbán, a proposito di letteratura sportiva, «Sono gli scrittori sudamericani a trasformare il calcio in una specie di epica moderna», a loro si può aggiungere certo l’italiano Gianni Mura, il continuatore del lavoro intrapreso da Gianni Brera.

Non gioco più, me ne vado, Gianni Mura (2013, il Saggiatore, 504 pagine. 17 euro)

Johan Cruijff, il Profeta del gol

Johan Cruijff (Amsterdam, 25 aprile 1947)

La storia calcistica di Johan Cruijff, il Profeta del gol così come lo definì Sandro Ciotti che firmò la regia del film dedicato al fuoriclasse olandese, nasce tra le strade di Amsterdam, la sua città natale. Segna una quantità industriale di gol fin dalle giovanili dell’Ajax, entra a far parte della squadra all’età di dieci e anni, e con il gol manterrà un rapporto molto stretto per tutta la durata della sua carriera calcistica. L’esordio nel massimo campionato olandese avviene quando non ha ancora compiuto diciassette anni ed ovviamente è coronato da un gol.
L’anno successivo sulla panchina dei Lancieri con maglia bianca e solcata da una banda verticale rossa, siede Rinus Michels, non ancora il padre del calcio totale, ma in quel momento giovane allenatore ed ex punta di diamante proprio dell’Ajax. L’incontro tra i due produrrà effetti fin ad allora impensabili per il calcio olandese e porterà benefici per entrambi.
Ed è proprio in quel laboratorio di calcio che fu l’Ajax di Michels che iniziò la leggenda di Johan Cruijff. Un calciatore completo e universale, capace cioè di giocare in qualunque ruolo dal centrocampo in avanti, aveva nel dribbling in velocità, forse, la sua arma migliore. Giocava a tutto campo e non lasciava nessun riferimento ai suoi marcatori e proprio per questo motivo era, praticamente immarcabile.
Con la maglia dell’Ajax ha segnato 204 gol in 276, quasi un gol a partita. La sua media non è molto diversa se si guarda lo score di tutta la carriera, 369 gol in 662 partite. Il suo palmares è da brividi.
9 campionati e 6 coppe nazionali d’Olanda, 1 campionato e una coppa del Re in Spagna con la maglia del Barcellona. Ancora 3 Coppa dei Campioni, 1 Coppa UEFA e 1 Coppa Intercontinentale. Soprattutto vincitore per 3 volte del Pallone d’Oro quale miglior calciatore europeo. Numerosi anche i trofei vinti nella sua carriera d’allenatore, in particolare la Coppa dei campioni vinta sulla panchina degli azulgrana del Barcellona.
Giocava con la maglia numero 14 e in occasione del suo sessantesimo compleanno l’Ajax ha deciso di non assegnarla più a nessun calciatore. Nel decennio tra il 1964 e il 1974, anno che coincide con l’affermazione globale del calcio totale, è stato costantemente tra i primi tre calciatori al mondo e comunque tra i migliori della storia del calcio mondiale.
Gioannin Brera lo chiamò il Pelè bianco.

pillole di calcio totale (terza puntata)

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