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Euro2020, l’Italia per vincere ha bisogno dell’attacco

Il calcio italiano prima dell’avvento di Arrigo Sacchi è sempre stato identificato con un modulo, spesso, vincente: catenaccio e contropiede.

Certo anche prima dell’arrivo del mago di Fusignano c’erano stati allenatori che avevano introdotto nuovi concetti di gioco e con quelli avevano anche vinto.

Primo fra tutti Fulvio Bernardini che vinse lo scudetto con la Fiorentina e il Bologna sconfiggendo, in quello che rimane l’unico spareggio disputato per aggiudicarsi il campionato italiano, l’Inter euromondiale di Helenio Herrera.

Corrado Viciani e il suo «gioco corto» della Ternana del 1970 che possiamo definire, oggi a distanza di cinquant’anni, antesignano del Tiki-Taka di Pep Guardiola.

La zona totale di Luis Vinicio con il Napoli dei primi anni Settanta e quella più compassata ma vincente di Nils Liedholm della Roma tricolore del 1982.

Il Torino scudettato di Gigi Radice del 1976 che aveva in Claudio Sala, Ciccio Graziani e Paolo Pulici il più bel trio di attacco di quegli anni.

Poi irrompe sulla scena calcistica italiana e mondiale Arrigo Sacchi da Fusignano che rompe definitivamente gli schemi e traghetta il calcio italiano, tutto, verso nuovi lidi.

Dominare sempre la partita, puntando su una difesa fortissima, Tassotti, Costacurta, Franco Baresi e Paolo Maldini, ma accentuando la valenza offensiva della squadra. Il Milan di Sacchi fu la prima squadra italiana capace di imporre il proprio gioco anche in Europa e contro grandi squadre come solo l’Olanda di Rinus Michels aveva saputo fare prima.

E veniamo ad oggi, all’Europeo che inizia domani 11 giugno con la partita Italia-Turchia.

La nazionale italiana di Roberto Mancini è una buona squadra con calciatori di talento tutti utilizzati nella posizione migliore e non poteva essere altrimenti conoscendo il passato calcistico di Mancio.

Una squadra che ha stabilito molti record positivi facendo di Mancini, indipendentemente dall’esito della prossima competizione, uno dei migliori allenatori della nazionale.

La forza di questa squadra è la capacità di cercare il gol attraverso il gioco senza mai snaturarsi, ma soprattutto la forza risiede nel gruppo che l’allenatore ha saputo creare. Chi entra sa quello che deve fare e, ad oggi, non sembra ci siano gelosie tra i calciatori. Valga per tutti il rapporto di stima e amicizia tra Ciro Immobile e Andrea Belotti.

L’Europeo lo vincerà la squadra che utilizzerà al meglio la sua capacità offensiva. La squadra che metterà i suoi attaccanti nelle condizioni migliori per poter vincere le partite e da questo punto di vista Roberto Mancini, da grande attaccante qual è stato, ha sempre creduto ciecamente nei suoi uomini gol.

Primo fra tutti Lorenzo, il primo violino, Insigne. Il capitano del Napoli è il fulcro di questa squadra, l’uomo attorno al quale ruota tutto. Segna, regala assist, è capace di rientrare con grande continuità in fase di non possesso. Un calciatore completo che ha pochi eguali anche in Europa.

Se successo sarà, ovvero se l’Italia disputerà un grande campionato europeo, molto dipenderà dalle sue prestazioni così come da quelle di Ciro Immobile, il bomber della Lazio del neo allenatore Maurizio Sarri.

Insigne, Immobile e Marco Verratti, «I bambini di Zeman», il primo voluto fortemente già a Foggia dal duo Zeman-Pavone, nel 2012 sbancarono il campionato di serie B sono con un calcio che Arrigo Sacchi definì in questo modo, «Il Pescara di Zeman ha stravinto il campionato si serie B grazie a un calcio sontuoso, moderno, armonioso […] si ricorderà per molto tempo dello spettacolo gratificante che questa squadra ha saputo concedere a tutti gli amanti di un calcio futurista».

In quel campionato la squadra guidata da Insigne, Immobile e Verratti si classificò al primo posto davanti al Torino e alla Sampdoria conquistando 83 punti. Vinse 26 partite (12 in trasferta) segnando 90 reti. Questi i riconoscimenti conferiti alla squadra adriatica dalla Lega di serie B per quella stagione: Pescara migliore squadra del campionato, Zdeněk Zeman miglior allenatore, Lorenzo Insigne miglior attaccante e Ciro Immobile capocannoniere del torneo.

Servirà una squadra capace di segnare molto e di giocare nella metà campo degli avversari. Servirà una squadra in grado di fare un gol in più degli avversari per fare bene e vincere.

Le premesse ci sono tutte, adesso tocca al campo.

La visita di Ventura e i nuovi acquisti

In attesa della ripresa dell’attività agonistica, il Pescara è l’unica squadra di serie A che non gioca una partita ufficiale dallo scorso anno, è arrivato in riva all’Adriatico il commissario tecnico Gian Piero Ventura che ha assistito ad un allenamento dei ragazzi di Massimo Oddo. In un momento molto critico del campionato la visita del Commissario tecnico della nazionale italiana solleva e distrae dai problemi che la squadra incontra in campionato. Ventura è venuto a visionare i calciatori già chiamati per uno stage e, nelle poche parole che pronunciato pubblicamente, ha detto che il Pescara con i nuovi acquisti può trovare la strada della salvezza.

Nei piedi di Alberto Gilardino i gol per restare in serie A?
Certo Ventura non è un profeta, ma in un tempo in cui in pochi continuano a credere nella salvezza, le parole dell’allenatore degli allenatori italiani, sono musica per le orecchie di Massimo Oddo.
Ci si mette anche la cattiva sorte che continua a tenere lontana la fortuna dal Pescara, si è infortunato anche il nuovo arrivato Cesare Bovo al quale si sono aggiunti Campagnaro, Vitturini e Zampano, e questa è davvero una brutta notizia. Ci si aspetta molto da Bovo e invece l’esordio in maglia biancazzurra è rimandato: quindici giorni di stop per valutare successivamente le condizioni della caviglia. In compenso sono abili e arruolati Stendardo e Gilardino che dovrebbero far parte dell’undici titolare che affronterà il Napoli al San Paolo.

Sarri e Insigne sulla strada le Pescara
Trasferta, quest’ultima, quasi proibitiva che rischia di allungare la serie di partite senza vittorie. Il Napoli gioca un gran calcio e, soprattutto, segna molto. Sarà una prova molto impegnativa per i nuovi arrivati che dovranno dimostrare fin da domenica qual è il contributo che possono dare a questa squadra. Ha detto Gilardino che bisogna pensare partita dopo partita e non guardare ad altro. E che così sia allora. Concentriamoci su Napoli-Pescara e aspettiamo gli eventi.

Buon calcio a tutti.

«Stultum est dicere: putabam»

A Napoli i tifosi delle due curve battono ritmicamente le mani. Si sentono con chiarezza i cori e la voce dei tifosi. Un tifo incessante che dura per tutti i novanta minuti della partita anche se il Napoli gioca contro l’ultima in classifica. La pressione è tanta per i protagonisti in campo. Una pressione che nasce dalla passione senza se e senza ma dei tifosi partenopei. Vale per la squadra in generale e vale, a maggior ragione, per i singoli protagonisti. Più è alta la considerazione che si ha del singolo calciatore più è alta l’attenzione. E il livello della considerazione è evidente fin dall’annuncio ufficiale delle formazioni. La voce dell’altoparlante annuncia: «Con il numero ventiquattro…Lo-ren-zo…», e il pubblico all’unisono risponde con la stessa cadenza «In-si-gne». Mi piace pensare che Pier Paolo Pasolini abbia scritto del calcio come ultima rappresentazione sacra della nostra società assistendo proprio a una partita del Napoli.
Poi inizia la partita e il sogno di bambino legato alla coreografia del tifo, ai cori, ai colori, al profumo dell’erba, che solo uno stadio di calcio sa trasmettere svanisce in quindici minuti. Il tempo necessario al Napoli di Hamsik e Cavani di segnare due gol, sfiorandone altrettanti. Svanisce il sogno perché per quanto ci si sforzi di vedere dei piccoli, ma non significativi, miglioramenti nel gioco della squadra adriatica, non si può continuare a sognare se la squadra perde sempre. Il Napoli è di un’altra categoria rispetto al Pescara e nessuno può metterlo in dubbio, ma alla fine della partita il risultato è, ancora una volta, impietoso: 5-1. E ancora una volta, come è già successo per la partita contro la Roma, in tanti evidenziano più i segnali positivi della squadra che gli aspetti negativi. Inizia la gara dei “se” e dei “ma”. Se il Pescara fosse rimasto in undici contro undici. Se fosse stato assegnato il rigore. Se Vukusic avesse sfruttato bene l’occasione che gli è capitata tra i piedi sul 2-1.
Al liceo avevo un professore di italiano e latino molto bravo e temuto da tutti i suoi studenti. Ho tanti ricordi e aneddoti legati alle sue “mitiche” interrogazioni, ma ce n’è uno che più di tutti mi è rimasto impresso. Quando qualche studente era impreparato e voleva giustificarsi adducendo improbabili cause lui, il professore, abbassava gli occhi sul registro e in maniera molto evidente faceva capire che stava scrivendo due nella casella corrispondente all’impreparato di turno. Poi alzava gli occhi dal registro, toglieva gli occhiali e si sedeva sulla scrivania. Questa pantomima durava pochi secondi che per noi duravano un’eternità. Poi schiariva la voce e proferiva in latino: «Stultum est dicere: putabam». Da quel momento in poi il silenzio regnava sovrano nella classe per interrompersi solo al suono della campanella che segnalava il cambio dell’ora. Se il mio professore di italiano e latino fosse qui ad ascoltare le giustificazioni pronunciate dopo queste ultime due partite disputate dal Pescara, e che accomunano molti sotto il cielo biancazzurro, sono certo pronuncerebbe lo stesso, identico, ammonimento.
Infine, last but not least direbbero a Londra, una breve, brevissima, considerazione su Lorenzo “il primo violino” Insigne.
Non è più il calciatore che “spacca” le partite. Pur disputando una buona gara, ha messo il piede in tre dei cinque gol del Napoli, sembra aver perso il guizzo che gli faceva intuire l’azione qualche frazione di secondo prima degli avversari. Svolge il compitino che gli ha assegnato il suo nuovo allenatore. Non cerca più la giocate e il gol, ma è costretto ad essere il portatore d’acqua di Cavani. Se qualcuno può togliesse Insigne dalle cure di Mazzarri e lo restituisse al calcio italiano.

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