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Il Pescara chiude il campionato con la 16ª sconfitta della stagione

I numeri, a volte, spiegano tutto
Il campionato del Pescara termina con 52 punti in 42 partite con una media di 1,23 punti a partita. Ha vinto 13 gare, altrettante ne ha pareggiate e ne ha perse 16. I gol segnati sono stati 50, mentre 53 sono quelli subiti.
Un elenco di numeri che confermano ciò che di brutto abbiamo visto durante tutto il corso della stagione. Una stagione sportiva da dimenticare al più presto, iniziata con ambizioni diverse.
Il fallimento è sotto gli occhi di tutti ed è un fallimento tecnico che chiama in causa in primo luogo i due allenatori che si sono succeduti sulla panchina adriatica, i calciatori della rosa, e infine la società che pur allestendo una squadra che ai più sembrava potesse recitare un ruolo da protagonista è, in ultima analisi, il soggetto che ha operato le scelte.

Due allenatori, due fallimenti diversi
Il bilancio dei due allenatori, anche in questo caso leggendo i numeri, che si sono alternati sulla panchina del Pescara fa pendere la bilancia leggermente in favore di Pasquale Marino. Il tecnico siciliano infatti vanta una media punti a partita di 1,307 avendo disputato 26 partite con 10 vittorie, 7 pareggi e 9 sconfitte. La media del tecnico umbro è invece di 1,125 punti a partita con 3 sole vittorie, 6 pareggi e ben 7 sconfitte.
Se non consideriamo i numeri e ci affidiamo a un giudizio tecnico per quello che abbiamo visto sul campo di gioco, la partita tra Marino e Cosmi è nettamente vinta dal siciliano. Infatti la squadra di Marino pur non brillando mai in senso assoluto ha mostrato in diversi momenti della stagione buone trame di gioco, un giro palla lento ma spesso efficace e soprattutto aveva un’identità. Viceversa con il tecnico umbro, che pure ha disputato 16 partite sulla panchina del Pescara, la squadra non ha mai avuto una identità riconoscibile, ma soprattutto non è mai riuscita ad imporre il proprio gioco.

Adesso si volta pagina
Con il campionato ormai alle spalle, tutto l’ambiente attende nuove notizie. Soprattutto c’è molta curiosità per conoscere il nome del nuovo allenatore. Si parla soprattutto del ritorno di Zdeněk Zeman e del possibile arrivo, come direttore sportivo, di Peppino Pavone che con il tecnico di Praga costruì la prima zemanlandia in terra di Capitanata. In alternativa a Zeman si sonderanno i nomi di Claudio Foscarini, allenatore del Cittadella, Massimo Drago, allenatore del Crotone e di Davide Nicola, allenatore del Livorno. Tutti questi allenatori hanno una caratteristica comune: sono costruttori di squadre che preferiscono avere il pallino del gioco anziché distruggere quello altrui: il prerequisito per diventare l’allenatore del Pescara.

In Calabria si spegne la luce per il Pescara

Il Crotone infligge la quarta sconfitta consecutiva ai biancazzurri
La squadra di Massimo Drago ammirata contro il Pescara di Pasquale Marino è sembrata, a tratti, la squadra vincente di Zeman. Squadra corta che ripartiva velocissima con triangolazioni belle da vedere e molto efficaci contro le quali nulla hanno potuto Schiavi & company. Troppo veloci i calabresi, in grado di giocare un calcio che non lascia tempo agli avversari di organizzare una difesa adeguata, soprattutto in grado di arginare le incursioni degli esterni. L’azione del secondo gol dei calabresi è stata l’esatta fotografia del match. Da una parte una squadra che cerca la porta avversaria e il gol attraverso un gioco studiato a memoria e con una velocità di esecuzione contro la quale gli avversari hanno poco da opporre. Dall’altra parte una squadra ferma sulle gambe e non in grado di organizzare alcuna resistenza. Soprattutto incapace di mettere pressione ai portatori di palla rossoblu.

È solo una questione di modulo?
In tanti sostengono che una delle ragioni della crisi di gioco e di risultati sia imputabile al modulo di gioco. Ovvero non si è soddisfatti del 3-4-3 e si vorrebbe un passaggio al più “pescarese” 4-3-3.
C’è da dire, ad onor del vero, che sono pochi, pochissimi, gli allenatori che riescono a far giocare le proprie squadre in maniera riconoscibile e sempre uguale, e che invece la tendenza attuale degli allenatori è utilizzare più moduli di gioco, tutti prevalentemente difensivi. Indipendentemente dal modulo utilizzato, infatti, quasi tutti gli allenatori in fase di non possesso preferiscono difendersi con cinque calciatori.
Pasquale Marino è un allenatore in sintonia con questa tendenza, ovvero utilizza il modulo che ritiene più opportuno in relazione ai calciatori che ha disposizione.
Non credo sia dunque un problema di modulo di gioco.

Un gruppo che non è ancora diventato una squadra
Il Pescara sta dimostrando di non essere una squadra. È un buon gruppo che non riesce a dare una svolta positiva e definitiva al suo campionato. Fino ad oggi ha alternato buone prestazioni a pessime prestazioni. Non ha mai entusiasmato, ha spesso dato la sensazione di essere sul punto di far valere tutto il suo potenziale, ma in realtà non è mai successo.
Il Pescara è una squadra che gioca un buon calcio, ma a ritmi troppo bassi. Soprattutto una squadra priva di furore agonistico, certamente non conscia delle proprie potenzialità.
Difficile dunque individuare, in maniera univoca, le responsabilità di queste brutte prestazioni. Ovvero poter dire la responsabilità è tutta dell’allenatore, la responsabilità è tutta dei calciatori. La responsabilità è della società.
L’unica certezza è che se il Pescara dovesse continuare a giocare così come ha fatto a Crotone l’epilogo del campionato non riserverà niente di positivo.

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