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Al via la nuova rubrica “Pillole” di Calcio Totale

Avevo scritto più di una volta l’introduzione alla rubrica di Pillole di Calcio Totale, poi ho letto l’articolo di Arrigo Sacchi per l’inizio del campionato italiano di serie A e ho capito che non ci poteva essere miglior inizio per questa nostra rubrica. Ve lo proponiamo in versione integrale perché ci riconosciamo in pieno, dalla prima all’ultima parola. Buon campionato a tutti.

Arrigo Sacchi (Gazzetta dello Sport, 24 agosto 2013)
Ricomincia il campionato: come sarà? Nell’Italia dell’immobilismo è facile prevedere che non vi saranno grandi cambiamenti tattici e tecnici. Continueremo a pensare, concepire e purtroppo ad allenare il calcio come fosse uno sport individuale anche se è uno sport di squadra. Continueremo a disconoscere l’importanza del gioco: non fa parte della nostra cultura ed essendo una componente astratta è di difficile comprensione per i meno attenti.
Il gioco è quello che per la cinematografia è la trama e lo spartito nella musica, ecc.: elementi imprescindibili per dare un senso a tutto, senza i quali vi sarebbe solo improvvisazione e pressapochismo. Il gioco è l’elemento che forma la squadra unitamente alla motivazione, ma rispetto a quest’ultima è ancora più determinante per far compiere il salto di qualità collettivo e individuale. Più il gioco sarà qualificato e innovativo, più darà idee, chiarezze, collaborazione, conoscenza, organizzazione, tempistiche, fluidità, fantasia, tecnica e armonia. In generale si pensa il contrario: che un giocatore sia l’esecutore eccellente e l’inventore. Messi è un esecutore straordinario del gioco del Barcellona ma non lo è con l’Argentina dove non vince quasi mai, ci sarà un motivo che riguarda una differenza di organizzazione di gioco.
In Italia dove la conoscenza di un gioco spesso è nebulosa, molti puntano tutto sul singolo che deve essere un direttore del gioco, e la squadra difficilmente avrà armonia ed intensità.
In un ambiente assai superficiale può capitare che Conte, il migliore allenatore, lo si noti principalmente per la grinta, trascurando le capacità didattiche, la sensibilità, il talento, l’originalità delle idee e la personalità. La Juve è la grande favorita per i mass-media solamente se acquista grandi individualità, dimenticandosi le idee del gioco che hanno trasformato i mediocri in buoni calciatori e i buoni in ottimi. È la storia recente di molti calciatori juventini che solo due anni fa si davano per finiti e senza futuro (Buffon, Bonucci, Chiellini, Barzagli, Marchisio, Pirlo e lo stesso Vucinic).
La Vecchia Signora è la grande favorita perché ha prima di tutto un gioco più moderno, fantasioso e acculturato. L’idea è il calcio totale, che guida gli acquisti di calciatori prima di tutto funzionali, globali poi abili. La Fiorentina di Montella ha un progetto tecnico interessante e coinvolgente: il gioco è il suo leader e l’ispirazione è anche in questo caso il calcio totale che esalta i propri giocatori. Vincenzo dovrà lavorare sulla fase di non possesso ma la squadra attua già un calcio positivo dove cerca di avere il comando del campo e del pallone, Gomez potrà aiutarlo unicamente se si inserirà nel copione. Il Milan di Allegri è a metà del guado. Il club non pensi di risolvere il problema del gioco attraverso il singolo, solo Allegri potrà permettere un calcio di qualità che potrà dare idee ed innovazioni superiori a quelle attuali. Per storia e competenze dirigenziali potrebbe essere un’avversaria seria della Juve. Possiede giovani interessanti e calciatori di buon livello come erano gli juventini due anni fa, buon lavoro. Il Napoli ha cambiato allenatore e modo di intendere il calcio: Benitez si ispira al calcio totale. Rafa dovrà lavorare molto anche perché gli è stato venduto Cavani: uno dei più grandi interpreti del calcio totale. Higuain è un ottimo giocatore ma è uno specialista più che un calciatore globale. Nonostante la grande stima che ho per Rafa non vedo gli azzurri rinforzati. La Roma aveva un progetto a termine interessante: gli acquisti di giovani talenti (Lamela, Marquinhos, Pjanic, Florenzi, ecc.). Ora sembra che le necessità di cassa non permettano la continuazione di quel programma. Mi sembra una situazione confusa. La Lazio per essere competitiva rispettando i bilanci economici (grande merito) si affida a un calcio prudente, spero che l’ottimo Petkovic sia più innovativo e si ricordi che tutte le grandi squadre degli ultimi quarant’anni (Ajax, Milan, Barça, Bayern) si sono ispirate al calcio totale. L’Inter di Mazzarri parte con grandi vantaggi: fare peggio dell’ultimo anno sarà difficile e la mancanza di impegni internazionali gli consentirà un’azione di lavoro con minor dispendio di energie. Mazzarri è un allenatore con grande energia e idee chiare, si ispira a un calcio all’italiana modernizzato. Sa scegliere i giocatori più idonei. Il gioco non è sempre «intonato» ma i risultati con Walter sono sempre arrivati: i nerazzurri potrebbero essere un avversario duro per tutti.
Finché il gioco e la squadra non saranno al centro del progetto tecnico, e si punterà prevalentemente sui singoli per risolvere le partite, sarà difficile avere bilanci economici sani e ancora di più utilizzare giovani talenti italiani anche se siamo vice campioni d’Europa con le nazionali Under 17 e 21. Com’è difficile in Italia rinnovarsi.

Pillole di calcio totale (prima puntata)

«Stultum est dicere: putabam»

A Napoli i tifosi delle due curve battono ritmicamente le mani. Si sentono con chiarezza i cori e la voce dei tifosi. Un tifo incessante che dura per tutti i novanta minuti della partita anche se il Napoli gioca contro l’ultima in classifica. La pressione è tanta per i protagonisti in campo. Una pressione che nasce dalla passione senza se e senza ma dei tifosi partenopei. Vale per la squadra in generale e vale, a maggior ragione, per i singoli protagonisti. Più è alta la considerazione che si ha del singolo calciatore più è alta l’attenzione. E il livello della considerazione è evidente fin dall’annuncio ufficiale delle formazioni. La voce dell’altoparlante annuncia: «Con il numero ventiquattro…Lo-ren-zo…», e il pubblico all’unisono risponde con la stessa cadenza «In-si-gne». Mi piace pensare che Pier Paolo Pasolini abbia scritto del calcio come ultima rappresentazione sacra della nostra società assistendo proprio a una partita del Napoli.
Poi inizia la partita e il sogno di bambino legato alla coreografia del tifo, ai cori, ai colori, al profumo dell’erba, che solo uno stadio di calcio sa trasmettere svanisce in quindici minuti. Il tempo necessario al Napoli di Hamsik e Cavani di segnare due gol, sfiorandone altrettanti. Svanisce il sogno perché per quanto ci si sforzi di vedere dei piccoli, ma non significativi, miglioramenti nel gioco della squadra adriatica, non si può continuare a sognare se la squadra perde sempre. Il Napoli è di un’altra categoria rispetto al Pescara e nessuno può metterlo in dubbio, ma alla fine della partita il risultato è, ancora una volta, impietoso: 5-1. E ancora una volta, come è già successo per la partita contro la Roma, in tanti evidenziano più i segnali positivi della squadra che gli aspetti negativi. Inizia la gara dei “se” e dei “ma”. Se il Pescara fosse rimasto in undici contro undici. Se fosse stato assegnato il rigore. Se Vukusic avesse sfruttato bene l’occasione che gli è capitata tra i piedi sul 2-1.
Al liceo avevo un professore di italiano e latino molto bravo e temuto da tutti i suoi studenti. Ho tanti ricordi e aneddoti legati alle sue “mitiche” interrogazioni, ma ce n’è uno che più di tutti mi è rimasto impresso. Quando qualche studente era impreparato e voleva giustificarsi adducendo improbabili cause lui, il professore, abbassava gli occhi sul registro e in maniera molto evidente faceva capire che stava scrivendo due nella casella corrispondente all’impreparato di turno. Poi alzava gli occhi dal registro, toglieva gli occhiali e si sedeva sulla scrivania. Questa pantomima durava pochi secondi che per noi duravano un’eternità. Poi schiariva la voce e proferiva in latino: «Stultum est dicere: putabam». Da quel momento in poi il silenzio regnava sovrano nella classe per interrompersi solo al suono della campanella che segnalava il cambio dell’ora. Se il mio professore di italiano e latino fosse qui ad ascoltare le giustificazioni pronunciate dopo queste ultime due partite disputate dal Pescara, e che accomunano molti sotto il cielo biancazzurro, sono certo pronuncerebbe lo stesso, identico, ammonimento.
Infine, last but not least direbbero a Londra, una breve, brevissima, considerazione su Lorenzo “il primo violino” Insigne.
Non è più il calciatore che “spacca” le partite. Pur disputando una buona gara, ha messo il piede in tre dei cinque gol del Napoli, sembra aver perso il guizzo che gli faceva intuire l’azione qualche frazione di secondo prima degli avversari. Svolge il compitino che gli ha assegnato il suo nuovo allenatore. Non cerca più la giocate e il gol, ma è costretto ad essere il portatore d’acqua di Cavani. Se qualcuno può togliesse Insigne dalle cure di Mazzarri e lo restituisse al calcio italiano.

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