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Le lacrime Paulo Dybala e il calcio senza cuore

Nella stagione degli addii alla propria squadra o al calcio giocato, Chiellini e Lorenzo Insigne tanto per gradire, ce n’è uno che mi ha molto colpito: l’addio di Paulo Dybala.

Dybala non ha scelto di andare via dalla Juventus, ma è stata la squadra bianconera che non gli ha formulato nessuna offerta di rinnovo per il contratto che scade proprio in questi giorni.

Mi sono chiesto, io come tanti credo, perché una squadra di prima fascia in Italia com’è la Juventus, non propone il rinnovo di contratto ad un calciatore ritenuto da tutti fortissimo e che, soprattutto, è nel pieno della sua maturità calcistica?

Dybala è nato in Argentina, a Laguna Larga, il 15 novembre del 1993 e compirà 29 anni il prossimo novembre.

La Juventus, con il vicepresidente Paul Nedved, ha dichiarato a tal proposito, «Abbiamo valutato tutti gli aspetti, quello che fa in campo e fuori. Faccio fatica a dire dove si sia arenata la trattativa, ma le sue richieste erano altissime. Noi non ce la sentivamo, le strade si sono divise. Non vuol dire che il giocatore non sia valido, anzi, è molto forte».

Ciò significa che nel prossimo mercato i bianconeri dovrebbe acquistare un calciatore con le caratteristiche di Dybala e spendere meno, tra acquisto del cartellino e contratto al calciatore, rispetto alla cifra richiesta dall’argentino. Staremo a vedere cosa succede.

Per il momento la scelta appare molto naïf è non condivisibile da nessun punto di vista.

Ovvero se hai un calciatore con la qualità di Dybala e dichiari, così come ha dichiarato Massimiliano Allegri nel prepartita dell’addio dell’argentino, «Il prossimo anno dobbiamo prepararci per vincere lo scudetto», non lasci andar via a parametro zero un patrimonio calcistico di questo valore. Se lo fai vuol dire che non hai le risorse economiche sufficienti per allestire una squadra che possa puntare agli obiettivi che dichiari.

«Il mondo è tutto ciò che accade» scrive Ludwig Wittgenstein e dunque quel che è fatto è fatto.

Tralasciando dunque le scelte strategiche della Juventus resta la reazione di Dybala che in molti hanno potuto vedere alla fine della partita Juventus Lazio.

Un pianto senza freni inibitori del calciatore, ormai ex juventino, che ha reso e rende più umano un mondo sempre più finto com’è quello del calcio nostrano.

Lacrime belle che ho percepito come vere, sentite. Il bambino, il ragazzo o il giovane uomo a cui hanno appena tolto il suo giocattolo preferito che piange in pubblico, davanti a tutti. Che svela la sua condizione d’animo, il suo dispiacere. Che rivela mentre si svela, il suo attaccamento alla squadra e ai tifosi.

Siamo sempre meno abituati a questo, paradigmatico in questo senso è il trasferimento di Donnarumma al PSG della scorsa estate, perché sempre più dentro un meccanismo in cui ciò che conta sono soltanto i soldi. Non conta più la passione, l’attaccamento alla squadra e ai tifosi. La riconoscenza.

Le lacrime di quel giovane uomo, in uno stadio pieno in ogni ordine di posto, raccontano un altro film. Un’altra storia. Una storia in cui le emozioni, la voglia di continuare a giocare per i colori che hai scelto prevalgono sul resto. Una storia nella quale ci possiamo riconoscere tutti. Tutti quelli che amano il gioco del calcio e che per una volta ci vede tutti dalla stessa parte: juventini, milanisti, interisti, romanisti, laziali, napoletani.

Quelle lacrime, così come restare dopo la partita seduto sul prato verde del campo di calcio, senza scarpe, a piedi nudi sull’erba, con un compagno di squadra a godersi il momento, ci dicono che «la cosa più importante tra le meno importanti», il calcio, continua ad essere un porto sicuro in cui trovare riparo. Uno dei luoghi dove continuare a dare spazio al bambino che è in ognuno o di noi.

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