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Luka Modric, il dieci

Al minuto 79:00 il quarto di finale della Champions League che vede contrapposte Real Madrid e Chelsea dice che sarà la squadra inglese a disputare la semifinale della coppa per club più prestigiosa del mondo.

I blues vincono 3-0 nel mitico e rinnovato Estadio Santiago Bernabeu di Madrid, ribaltando il risultato dell’andata che aveva visto prevalere i blancos per 3-1 in terra inglese.

Fino a quel momento, ovvero fino a dieci minuti dalla fine della partita non c’è stata storia, stanno  dominando gli inglesi. Primi in tutto. Sulle prime e seconde palle, nei contrasti, nel pressing.

Il bellissimo Real che si era visto a Londra nella partita di andata non c’è più. Non c’è traccia di quella squadra che aveva meritato la vittoria pur soffrendo. Non c’è traccia di Karim Benzema che aveva incantato tutti con la sua tripletta e la forza straripante del suo fisico possente che, unito ad una tecnica sopraffina, lo issa sul podio dei calciatori più importanti di questi ultimi anni.

Thomas Tuchel sta nettamente vincendo il confronto con Carlo Ancelotti.

Poi, al minuto 79:05, Marcelo porge la palla a Luka Modric e qui entra in scena Eupalla.

Si Eupalla, frutto della grande penna mente e penna di Gianni Brera, la dea che presiede alle vicende del calcio ma soprattutto, del bel gioco (dal greco Eu=bene). Divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi.

Eupalla decide che è arrivato il momento di deliziare il palato degli appassionati di calcio di tutto il mondo che stanno assistendo alla partita.

Il dieci del Real Madrid, Luka Modric Pallone d’oro nel 2018, riceve la palla da Marcelo sul versante sinistro, nella metà campo del Chelsea. La tocca due volte con il piede destro e contemporaneamente guarda il posizionamento dei compagni di squadra. Il terzo tocco è quello decisivo.

Modric vede Rodrygo che effettua un taglio che lo porta a ridosso del dischetto del rigore e con un esterno destro lo serve alla perfezione. Rodrygo, d’interno destro, al volo segna il gol dell’1-3 che riapre la partita e rimette in gioco il Real Madrid. Al 96 Karim Benzema, ricorda di essere Karim Benzema e segna il gol del 2-3 che qualifica per la semifinale i blancos.

Con un solo tocco Modric spazza via tutte le possibili discussioni su moduli, possibilità, fortuna, sfortuna, arbitraggio favorevole o sfavorevole. Ovvero con un solo tocco ricorda a tutti la bellezza del gioco del calcio, del gesto tecnico. Della fantasia.

Quell’esterno destro è il migliore spot possibile per il calcio. Quell’esterno destro farà innamorare tanti bambini che cercheranno di imitarlo. Quell’esterno destro ci ha fatto ritornare tutti bambini, anche se solo per pochi secondi. Quell’esterno destro è il calcio, «la cosa più importante delle cose meno importanti».

Addio a Vujadin Boškov

Vujadin Boškov (Begeč, 16 maggio 1931 – Novi Sad, 27 aprile 2014)

Vujadin Boškov è morto all’età di 82 anni, ma nella memoria collettiva il suo volto e la sua voce resteranno per sempre quelli di un’eterno, giovane, uomo di calcio che ha saputo, con leggerezza, attraversare le nostre vite.
In queste ore successive alla sua scomparsa i media sottolineano soprattutto questo aspetto, la sua “leggerezza” unita alla capacità di saper sdrammatizzare tutto.
Famosissimi e popolari i suoi aforismi. I miei preferiti sono due:
«Rigore è quando arbitro fischia» e soprattutto «Gullit è come cervo che esce di foresta».
Modi dire che hanno contribuito a creare il personaggio Boskov.
E ancora «Se vinciamo siamo vincitori se perdiamo siamo perditori», «Io penso che per segnare bisogna tirare in porta. Poi loro sono loro, noi siamo noi», «Dopo pioggia viene sole», «No serve essere 15 in squadra se tutti in propria area», «Non ho bisogno di fare la dieta. Ogni volta che entro a Marassi perdo tre chili», «Io penso che tua testa buona solo per tenere cappello», «Un grande giocatore vede autostrade dove altri solo sentieri», «Palla a noi, giochiamo noi, palla a loro, giocano loro», e infine in questa breve carrellata, pillole appunto, «Meglio perdere una partita 6-0 che sei partite 1-0».
Ma Boskov è stato molto altro. Dopo una buona carriera da calciatore, è stato soprattutto un grande allenatore. Ha diretto squadre importanti come il Feyenoord, il Real Saragozza, il Real Madrid con il quale ha vinto una Liga e due Coppe di Spagna, lo Sporting Gijón e in Italia l’Ascoli di Costantino Rozzi con il quale vinse il campionato di serie B. La Roma, il Napoli e il Perugia. Ha allenato per due anni la nazionale della Jugoslavia. Soprattutto ha allenato la Sampdoria di Vialli e Mancini, con la quale ha vinto uno storico scudetto nel 1990/1991, due Coppe Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa delle Coppe. Arrivò a otto minuti dalla conquista della Coppa dei Campioni persa ai tempi supplementari contro gli spagnoli del Barcellona.
Quella Sampdoria, la Sampdoria di Vujadin Boskov, era una squadra che giocava bene, che esprimeva un’idea felice della vita. Era un altro calcio, un calcio senza tv a pagamento e che si giocava di domenica e tutti alla stessa ora. Le maglie andavano dal numero 1 alla numero 11 e il pallone era a spicchi bianchi e neri.
Ho nostalgia di quel calcio, credo di poter dire abbiamo nostalgia di quel calcio.
La terra ti sarà lieve Vujadin perché sei stato un uomo perbene e perché, cosa che non capita a tutti, ci hai fatto divertire, portando nelle nostre case, con la tua sagace ironia, tanta serenità.

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