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Il passo del gambero

Nemmeno il tempo di gustare i primi, importanti, punti conquistati in serie A che arriva una sconfitta senza se senza ma, come è di moda dire e scrivere oggi in Italia, contro un Lazio che ha giocato all’Adriatico al piccolo trotto. Quasi una sgambatura per la squadra di Pektovic che con Hernanes in cabina di regia, Candreva sulla fascia destra e un attaccante di razza come Klose, conquista tre punti senza sudare le proverbiali sette camice. Contro un Pescara impalpabile quanto inconsistente la Lazio si concede il lusso di giocare solo i primi quarantacinque minuti e di amministrare la partita, senza nessuna sofferenza, per tutto il secondo tempo.
Per il Pescara invece un’andatura che ricorda quella del gambero: un piccolo passo in avanti e due indietro. Dopo aver salutato con piacere le prime vittorie del campionato contro Palermo e Cagliari, conseguenza di due partite non giocate bene ma che avevano visto una squadra, che pur subendo molto, era sempre presente in campo, contro la Lazio si registra un clamoroso passo indietro, proprio come il gambero appunto. Il film della partita contro la squadra romana è analogo al film della partita giocata e persa contro il Torino. Semplicemente una non partita da parte dei biancazzurri adriatici.
Le scelte di Stroppa, alla luce della prestazione e del risultato, si sono rivelate completamente sbagliate. Fa male dunque l’allenatore a dire in conferenza stampa che rifarebbe le stesse scelte. Un’affermazione che preoccupa perché vuol dire che l’allenatore non tiene conto del responso del campo. Blasi e Celik non valgono Nielsen e Quintero questa è la semplice realtà dei fatti, e aver preferito i primi due ai secondi è stato negativo per l’andamento della partita. Blasi si è dimostrato ancora una volta non in grado di aiutare la squadra, inutilmente falloso e per nulla propenso alla costruzione del gioco. Celik è sembrato un pesce fuor d’acqua non molto diverso dal calciatore visto nei primi giorni del ritiro precampionato.
In ogni caso al di là degli uomini scelti, sui quali ognuno può avere un pensiero diverso, il problema più grave è che la squadra non ha ancora una sua identità e non produce gioco, né bello né brutto. E giunti alla settima partita di campionato questo diventa l’aspetto più problematico.
Come uscire da questa situazione? Quali correzioni apportare per cambiare rotta?
Con la rosa a disposizione l’allenatore non ha la possibilità di effettuare cambi in grado di cambiare il corso delle cose, scriverebbe un connazionale del bomber tedesco Klose, e quindi la differenza può farla soltanto la conduzione tecnica dell’allenatore. Dopo sette turni di campionato è giusto attendersi una squadra che in campo esprima un gioco e dia la sensazione di poter competere in un campionato modesto da un punto di vista qualitativo ma di alto profilo da un punto di vista tattico. È questa una squadra che attacca l’avversario? Che sa difendersi? Che aspetta l’avversario per ripartire per colpire con le ripartenze?
Tutte domande per le quali non sono in grado di dare una risposta perché fino a oggi non si è visto nulla di tutto ciò. La squadra ha sempre subito la squadra avversaria e non ha mai dato la sensazione di potere essere padrona del campo o della partita.
Si lavori in queste due settimane di sosta su questi aspetti perché alla ripresa del campionato si potrà anche sbagliare e perdere altre partita ma non si potrà più scendere in campo a fare le comparse.

Ritorno al futuro

«Girando ancora un poco ho incontrato uno che si era perduto, gli ho detto che nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino…» cantava Lucio Dalla e aveva ragione. Il Pescara a Bologna non solo non si perde ma conquista il primo punto della stagione e «ritrova» se stesso. Dopo tanti esperimenti, cambio di assetto tattico e di uomini, Giovannino Stroppa sembra avere trovato la squadra giusta, comunque la squadra migliore tra quelle schierate in queste prime giornate di campionato. Niente numeri strani ma il vecchio e affidabile 4-3-3, l’abito che il Pescara indossa con più disinvoltura. Era così l’altro ieri, ai tempi del “profeta” Galeone, era così ieri, al tempo del maestro di Praga. È così oggi con il «bassaiolo di Mulazzano».
Quattro difensori in linea, tra uomini in mezzo al campo e tre in avanti, con il “Piccolo Principe”, Juan Fernando Quintero, libero d’interpretare il proprio ruolo.
Bologna-Pescara era una partita molto delicata, una partita in cui ci si giocava un pezzo di serie A. Stroppa ha buttato il cuore oltre l’ostacolo e ha schierato una formazione che aveva tutte le caratteristiche tecniche e tattiche per giocare la partita alla pari con i felsinei, e ieri al “Dall’Ara” il Pescara ha disputato la migliore partita della stagione.
Una disposizione tattica che i calciatori hanno dimostrato di assecondare meglio, il modulo dello scorso anno con un’interpretazione nuova. Difesa meno alta e poco propensa a far scattare la tattica del fuorigioco ma soprattutto un tridente d’attacco in cui Vukusic e Caprari si sacrificano per garantire a Quintero un lavoro meno pesante in fase di copertura. Più equilibrato il reparto di centrocampo con un Colucci più presente, per quantità e qualità, laddove nasce il gioco della squadra. In alcuni momenti della partita si sono riviste persino le famose catene zemaniane, in particolare sulla fascia destra con Balzano, Nielsen e Caprari quando giostrava in quella zona del campo. La presenza in campo di Nielsen, inoltre, ha consentito a Cascione di essere di nuovo il centrocampista capace d’inserirsi nel cuore della difesa avversaria per concludere a rete.
Una squadra che dalla cintola in su sembra dunque aver trovato la strada giusta per risalire la china ma che soffre in fase di non possesso palla e di contenimento. Il primo gol di Gilardino è identico al primo gol che segnò l’Inter nella partita di esordio e al gol di Maxi Lopez nella sfortunata partita contro la Sampdoria. Tre gol, quasi, fotocopia l’uno dell’altro. È evidente quindi che questa situazione tattica non è frutto solo di errori individuali ma di un assetto che la squadra, complessivamente, fatica a trovare. Probabilmente la linea dei difensori è troppo bassa e dovrebbe giocare più alta ma, probabilmente, il quartetto dei difensori scesi in campo ieri non è quello migliore, si possono compiere altre scelte.
Il pareggio di ieri rappresenta dunque un passo in avanti significativo per il Pescara che parafrasando il film diretto da Robert Zemeckis, effettua un bel “Ritorno al futuro”.
«Devi tornare indietro con me!» dice Emmett Brown a Marty.
«Ma, indietro dove?».
«Indietro nel futuro!» risponde Emmett Brown.
E ieri si è tornati indietro al 4-3-3 per costruire un futuro da serie A.

A Bologna per la serie A

Tutti aspettavano le scelte di Giovanni Stroppa e le scelte ci sono state. Non sono arrivati i primi punti del campionato ma, al contrario, è giunta la terza sconfitta consecutiva, con tre reti al passivo.
Stroppa ha schierato una squadra con quattro difensori in linea, due mediani in mezzo al campo, due esterni larghi sulle fasce, un trequartista e una punta centrale. Un modulo ampiamente annunciato in settimana, così come erano stati annunciati gli uomini che hanno giocato e perso la sfida contro la pragmatica Sampdoria di Ciro Ferrara.
Abbiamo, dunque, visto all’opera la squadra che ha in mente Stroppa che ha tradito, solo in parte, le aspettative. L’andamento della partita infatti ha detto che il Pescara è stato superiore in tutto alla Sampdoria tranne che per il particolare più importante, l’essenza stessa del calcio: il gol.
I biancazzurri hanno avuto un possesso palla leggermente superiore alla Sampdoria (52% a 48%), hanno tirato di più in porta (15 contro 10) così come hanno giocato più palloni (566 contro 508). La supremazia territoriale vede addirittura prevalere il Pescara con 12’30’’, contro la metà del tempo 6’30’’, della squadra blucerchiata. Quando però analizziamo i dati degli attacchi diretti alla porta le cifre si capovolgono, 43,5% per il Pescara contro il 51.0% della Samp.
I problemi che la squadra ha evidenziato fino a questo momento, 3 sconfitte con 9 gol subiti e due realizzati, non risiedono dunque prevalentemente nell’assetto difensivo, ma proprio nella capacità realizzativa della squadra. Certo la difesa non è sembrata esente da responsabilità in queste prime uscite, in particolare il primo gol della Sampdoria è l’esatta fotocopia del primo gol subito contro l’Inter, ma non è in quel settore del campo che si è persa la partita di ieri. Alla squadra manca, soprattutto, la capacità di concretizzare il gioco che è in grado di esprimere. Non è una squadra con una vocazione offensiva, non lo è nei numeri e non lo è per ciò che si è visto in queste prime giornate. Se focalizziamo l’attenzione sul rendimento di due calciatori, lo scorso anno grandi protagonisti del vittorioso campionato di serie B, troviamo una prima, anche se parzialissima risposta. I calciatori sono Balzano e Cascione. Il primo, ieri schierato come esterno alto di centrocampo, pur disputando una partita molto generosa, non è in grado di offrire in quella posizione un contributo alla costruzione del gioco, tantomeno un contributo offensivo come ci si può attendere da uno dei tre di centrocampo. E Cascione, pur essendo il miglior del reparto con 15 palle recuperate e 54 passaggi riusciti, schierato in quella posizione non è in grado di offrire il contributo in fase di attacco alla porta avversaria che ci si potrebbe aspettare dalle caratteristiche del calciatore.
Siamo dunque in un “work in progress” che però che già dalla prossima partita deve riuscire a conciliare progressi, alcuni sono già evidenti, e risultato.
La prossima gara si disputerà a Bologna e quando a Pescara si dice Bologna, si dice serie A. Come dimenticare infatti i 40.000 del 1979 che accompagnarono la vittoria nello spareggio contro il Monza e la promozione in serie A? A Bologna per la serie A quindi, domenica come 33 anni fa.

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