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Addio a Vujadin Boškov

Vujadin Boškov (Begeč, 16 maggio 1931 – Novi Sad, 27 aprile 2014)

Vujadin Boškov è morto all’età di 82 anni, ma nella memoria collettiva il suo volto e la sua voce resteranno per sempre quelli di un’eterno, giovane, uomo di calcio che ha saputo, con leggerezza, attraversare le nostre vite.
In queste ore successive alla sua scomparsa i media sottolineano soprattutto questo aspetto, la sua “leggerezza” unita alla capacità di saper sdrammatizzare tutto.
Famosissimi e popolari i suoi aforismi. I miei preferiti sono due:
«Rigore è quando arbitro fischia» e soprattutto «Gullit è come cervo che esce di foresta».
Modi dire che hanno contribuito a creare il personaggio Boskov.
E ancora «Se vinciamo siamo vincitori se perdiamo siamo perditori», «Io penso che per segnare bisogna tirare in porta. Poi loro sono loro, noi siamo noi», «Dopo pioggia viene sole», «No serve essere 15 in squadra se tutti in propria area», «Non ho bisogno di fare la dieta. Ogni volta che entro a Marassi perdo tre chili», «Io penso che tua testa buona solo per tenere cappello», «Un grande giocatore vede autostrade dove altri solo sentieri», «Palla a noi, giochiamo noi, palla a loro, giocano loro», e infine in questa breve carrellata, pillole appunto, «Meglio perdere una partita 6-0 che sei partite 1-0».
Ma Boskov è stato molto altro. Dopo una buona carriera da calciatore, è stato soprattutto un grande allenatore. Ha diretto squadre importanti come il Feyenoord, il Real Saragozza, il Real Madrid con il quale ha vinto una Liga e due Coppe di Spagna, lo Sporting Gijón e in Italia l’Ascoli di Costantino Rozzi con il quale vinse il campionato di serie B. La Roma, il Napoli e il Perugia. Ha allenato per due anni la nazionale della Jugoslavia. Soprattutto ha allenato la Sampdoria di Vialli e Mancini, con la quale ha vinto uno storico scudetto nel 1990/1991, due Coppe Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa delle Coppe. Arrivò a otto minuti dalla conquista della Coppa dei Campioni persa ai tempi supplementari contro gli spagnoli del Barcellona.
Quella Sampdoria, la Sampdoria di Vujadin Boskov, era una squadra che giocava bene, che esprimeva un’idea felice della vita. Era un altro calcio, un calcio senza tv a pagamento e che si giocava di domenica e tutti alla stessa ora. Le maglie andavano dal numero 1 alla numero 11 e il pallone era a spicchi bianchi e neri.
Ho nostalgia di quel calcio, credo di poter dire abbiamo nostalgia di quel calcio.
La terra ti sarà lieve Vujadin perché sei stato un uomo perbene e perché, cosa che non capita a tutti, ci hai fatto divertire, portando nelle nostre case, con la tua sagace ironia, tanta serenità.

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